Il nuovo anno si è caratterizzato certamente come l’anno delle calamità per l’agricoltura siciliana. Prima i forconi, che con la loro forsennata iniziativa di lotta hanno causato il blocco commerciale della produzione pregiata con danni rilevantissimi per le piccole e medie aziende. Poi il ciclone Athos, che ha distrutto il prodotto nel momento buono della commercializzazione e causato ingenti danni alle strutture. E ancora l’accordo Marocco-UE, capace di penalizzare l’agricoltura delle aree più depresse dell’Europa mediterranea a tutto vantaggio delle multinazionali europee, le quali avranno la possibilità di produrre in Marocco prodotti a basso costo di manodopera e senza particolari vincoli sanitari e doganali. Ciò pone diversi ordini di problemi. Il primo è da ricercarsi nella debolezza della rappresentanza politica dei Paesi meditarrenei in seno alla UE, infatti Spagna, Portogallo, Italia, Francia e Grecia continuano ad agire in ordine sparso, a non fare sistema, lasciando all’Europa continentale la possibilità di tutelare i propri interessi, essenzialmente di carattere speculativo, dietro il paravento dello scopo politico teso ad influenzare i nuovi movimenti libertari del nord africa. In questo modo a prevalere sono politiche prettamente “dirigiste” che non tengono conto del fatto che il peggioramento dell’economia agricola nell’Europa mediterranea non può che causare ulteriori problemi ai fenomeni recessivi che oggi pervadono le economie di questi Paesi con grave rischio di default. Credo che in queste aree sarebbe più facile produrre più PIL investendo e rilanciando l’agricoltura che non puntando su comparti che in queste aree non esistono o sono completamente da inventare. Un altro problema è dato dalla totale incapacità di aggregazione delle aziende agricole e dalla conseguente scarsa influenza sulle scelte di politiche economiche nazionali ed europee, risultando così irrisolti aspetti fondamentali della politica agraria: l’aggregazione dell’offerta, l’innovazione tecnologica e la ricerca scientifica, il governo del mercato oggi sbilanciato a favore della Grande Distribuzione Organizzata, la formazione degli imprenditori. Un altro problema che ho potuto osservare è dato dalla qualità del ceto politico, in generale, nel quale il mondo agricolo dovrebbe riporre le proprie aspettative e la soluzione dei propri problemi. Quando io ero un giovane militante del PCI, oltre quarant’anni fa, il Comitato Direttivo del Partito era composto da un centinaio di persone perlopiù in rappresentanza di cinque sezioni stabilmente insediate nel territorio cittadino, urbano e rurale; di queste cento persone oltre il 60% era costituito da braccianti e piccoli coltivatori diretti, i quali riuscivano ad eleggere propri rappresentati in seno agli organismi regionali e nazionali del Partito, ma anche nelle assemblee elettive e parlamentari. Lo stesso non si poteva dire della Democrazia Cristiana, ma sappiamo che l’influenza della Coldiretti in seno agli organismi dirigenti di questo partito era notevole. Inoltre, le organizzazioni di categoria avevano una elevata capacità di incidenza nella formazione culturale e nelle scelte organizzative aziendali, contribuendo non poco a formare una coscienza collettiva circa le prospettive di sviluppo della propria condizione umana e professionale. Altrettanto non si può dire del ceto politico odierno composto perlopiù da un ceto urbano spesso non professionalizzato, scarsamente rappresentativo delle categorie produttive, autoreferenziale e propenso a pratiche clientelari e di lottizzazione delle varie istanze rappresentative. Non è un caso, perciò, che frange del mondo agricolo, escluse dalla rappresentanza politica, tentino di rivendicare, attraverso movimenti spontanei (?) un livello legittimo di rappresentanza, senza però avere la capacità di tradurre tali istanze in un vero e proprio progetto politico.
Restano pertanto irrisolte antiche ed attuali questioni che essenzialmente sento di potere così riassumere: in Sicilia permane sostanzialmente un ceto politico con prevalente aspirazione clientelare, rappresentante di interessi diffusi, perlopiù espressi da categorie parassitarie di origine piccolo borghese, professionale, pseudo imprenditoriale, o da rendita parassitaria, che occupano spesso spazi colludenti, al confine con altrettanti interessi di chiara origine mafiosa. Questa rappresentanza politica si riconosce in un blocco di potere trasversale che può contare su una massa considerevole di risorse economiche che vengono ripartite a favore delle proprie clientele in ragione del peso e della rappresentanza che ciascun gruppo, o elemento, in un determinato momento o circostanza è in condizione di garantire. Tale situazione comporta la cristallizzazione delle classi dirigenti, politiche e burocratiche, l’assenza di qualunque progettualità, il permanere di una sostanziale subalternità delle categorie produttive, dilagante fenomeno del disagio sociale, depauperamento ambientale, asfissia delle aspettative collettive.
Nel momento in cui scrivo queste note, in diverse città siciliane si apprestano ad essere celebrati diversi convegni aventi per tema l’Agricoltura. Uno di questi si terrà proprio a Vittoria, un altro si terrà a Taormina organizzato da Confagricoltura, un altro ancora non mi ricordo dove. Tanti sono i nomi famosi che si possono estrarre dai carnet degli ospiti, dal più insignificante deputato regionale al più insigne commissario europeo, per non parlare dei segretari nazionali dei partiti, tutti occorsi al capezzale della grande ammalata. Difficile stabilire quanti di questi sono i medici e quanti i becchini. Ma ciò che conta adesso è che tutti sono presenti, grazie a lui, Hathos! Potenza di un uragano! Senza di lui probabilmente nessuno si sarebbe accorto della malattia grave dell’Agricoltura. Ci avevano provato poche settimane prima i forconi, e malgrado il gran casino di rumori, blocchi stradali e quant’altro, non era successo nulla. Ma Athos ha fatto il miracolo ed ora sono tutti presenti per stabilire la prognosi, formulare la diagnosi, ipotizzare la cura. Alla fine saranno tutti d’accordo su alcuni punti essenziali: l’ammalata è grave, la prognosi rimane riservata, tutti si faranno carico di approntare un protocollo terapeutico, e, stante le attuali prospettive del progresso scientifico e tecnologico, sarà meglio aggiornare la seduta, possibilmente al 2014, dopo tutte le elezioni comunali, provinciali, regionali e nazionali. L’ammalata, intervistata, ha risposto:” Io speriamo che me la cavo!”
Nessun commento:
Posta un commento