"God helps those who help themselves"
Si è appena conclusa l’assise degli Stati Generali dell’Agricoltura, promossa dal nuovo consiglio di amministrazione di EMAIA in occasione dell’AGREM, la Fiera dell’Agricoltura. Molti i problemi che sono stati posti all’attenzione di alti funzionari, illustri parlamentari nazionali ed europei, poche mi sono parse le risposte, perlopiù concluse entro i ristretti limiti dei partecipanti. Nell’Ancien Regime, gli Stati Generali, composti dalle classi sociali più rappresentative (nobiltà, clero, terzo stato), si riunivano in casi eccezionali, infatti in 487 anni si riunirono solo 22 volte. L’ultima volta, era il 1789, furono riuniti da Maria de’ Medici per affrontare la gravissima crisi finanziaria che stava affossando la Francia. Ora gli Stati Generali sono convocati un giorno si e un giorno no, quasi sempre manca il Terzo Stato. Oggi ho letto che a Catania sono stati convocati gli Stati Generali dell’Agrumicoltura per chiedere alla Regione, allo Stato e all’Europa interventi straordinari, sussidi, sospensione delle cartelle esattoriali, blocco dei debiti. Ovunque si assiste ad un continuo rimbalzo di responsabilità, dal Comune alla Regione, dalla Regione allo Stato, dallo Stato all’Europa. E’ l’epoca della politica per slogans, fondamentale è la creazione dell’evento, dove l’effetto scenico è rappresentativo del tutto, meteorine comprese. Qualunque riflessione o tentativo di approfondimento, nella società degli slogans, appare prolisso, inutile, una perdita di tempo snervante. Nella società mediatica, anche la politica si svolge per sms, quella più impegnata culturalmente si esercita su facebook ove ciascuno, nascosto dietro un nikname, può dare sfogo ad ogni tipo di frustrazione usando il peggio del vocabolario italiano . Tutto ciò accade in un Paese dove un governo di tecnici è stato chiamato a risolvere le gravi emergenze del Paese perché la classe politica è nel caos, paralizzata dagli scandali, screditata, incapace. Le condizioni con cui questo governo sta cercando di risolvere la crisi sono sotto gli occhi di tutti: drastica riduzione della spesa in settori importanti per la vita dei cittadini quali la sanità e la scuola; contenimento della spesa previdenziale; aumento della tassazione a carico dei pensionati e dei lavoratori dipendenti; deregolamentazione del mercato del lavoro. Malgrado la cura da cavallo messa in opera da Monti, i segnali che arrivano dai mercati non sono affatto incoraggianti e i pericoli di un’ulteriore stretta fiscale sono sempre impellenti. La Regione Sicilia versa in una condizione ancora più drammatica, basti pensare che da due anni non riesce a trovare una banca con la quale stipulare un mutuo di 1 miliardo di euro per il ripianamento dei debiti che i Comuni hanno verso le ATO; la spesa improduttiva costituisce ancora la norma dell’azione di governo, e con il pericolo sempre in agguato che il Presidente possa finire in prigione per concorso esterno in associazione mafiosa, come il precedente. E in attesa che la giustizia faccia il suo corso, i 90 Baroni Parlamentari sono più che mai impegnati nei bizantinismi della politica siciliana, protesa tutta alla conservazione del sistema di potere e al mantenimento di vecchi e nuovi privilegi per sé, e il seguito di amici e clientele. L’elenco H ne è la drammatica dimostrazione. In una situazione del genere pensare di avere interlocutori che possano seriamente rispondere alle aspettative degli agricoltori è pura utopia. L’unica istituzione che potrebbe venire in soccorso è l’Europa, ma questa minaccia addirittura di riprendersi i soldi già erogati per evidente incapacità del Governo Regionale di spenderli. L’occasione di questa convocazione degli Stati Generali mi ritorna utile per pormi e porre delle domande. Questo modello di sviluppo agricolo incentrato, come ha riferito il Presidente della Vittoria Mercati srl, su una tipologia aziendale che per il 47% ha dimensioni inferiori ad un 1 ettaro, per altro 48% da uno a 4 ettari e per il rimante 7% oltre i 4 ettari, è da considerarsi un modello valido nell’era della globalizzazione? Con quali strumenti si vogliono superare i limiti dell’eccessiva polverizzazione aziendale che è causa primaria dei costi unitari di produzione? Come si vogliono risolvere i problemi relativi alla riconversione delle strutture, all’approvvigionamento delle materie prime, all’energia, ai trasporti, alla ricerca ed alla sperimentazione, alla collocazione dei prodotti sul mercato,alla formazione dei quadri dirigenti? L’aeroporto di Comiso sarà funzionale allo sviluppo agricolo e come si pensa di farlo interagire con esso? Il mercato ortofrutticolo sopravvivrà all’era della Grande Distribuzione Organizzata o dovrà essere riconvertito, e i commissionari dovranno essere pure riconvertiti e come? I consorzi di produttori potrebbero essere una risposta valida per una moderna ed efficiente rete di produzione, ma chi li deve organizzare, gestire, promuovere? E’ necessario un disciplinare di produzione per certificare la qualità, l’origine e la salubrità dei prodotti, ma chi lo deve sostenere e gestire, con quali strumenti e con quali risorse? Il miglioramento delle varietà colturali passa attraverso la sperimentazione e la ricerca, ma chi e come deve fare funzionare il centro di ricerca applicata già esistente in contrada Perciata? Gli immigrati costituiscono una grande risorsa e possono essere funzionali al rilancio delle attività produttive, ma occorre promuovere i loro diritti di cittadinanza, la loro integrazione sociale, la stabilizzazione dei loro rapporti di lavoro, l’adeguamento delle loro conoscenze tecniche, ma chi se ne deve fare carico e come? C’è la necessità, dunque, urgente, di un progetto organico di riconversione dell’economia della fascia trasformata capace di dare risposte a tutte queste domande. Questo progetto non può nascere senza l’apporto decisivo delle forze produttive, dei lavoratori, di tutti i protagonisti della filiera, i quali sono quelli che al progetto devono dare gambe e cervello. Partiti e forze sociali devono perciò interrogarsi sul loro ruolo, sulla loro capacità di coinvolgere masse di operatori, di traduzione dei bisogni in azioni concrete che sul territorio devono spiegarsi in scelte operative e, quindi, in scelte politiche, conferendo significato di senso al proprio agire. In tale contesto non può non tenersi conto che il 90% delle aziende agricole ha dimensioni inferiori ai 4 ettari e ciò, non da ora ma dai tempi del primo Piano Mansholt, è stato considerato un limite per i fautori della Politica Agraria Comunitaria (PAC), i quali hanno da sempre ritenuto tale fattore una delle cause della marginalità economica di queste imprese, favorendone pertanto le dismissioni attraverso incentivi. Ma mentre nel centro dell’Europa l’esodo dalle campagne è stato assorbito dalla grande industria, da noi l’espulsione dalle campagne di migliaia di contadini significa allargare l’esercito dei senza lavoro con gravissime ripercussioni sul piano sociale. Non si può, quindi, pensare al superamento della crisi, ormai endemica, pensando di applicare i modelli europei senza incidere sulle dinamiche interne allo sviluppo locale. E’ questo il motivo per cui, ormai da anni, esiste una difficoltà oggettiva a rendere operativi in Sicilia i piani di intervento europei con il rischio di perdere i finanziamenti. La strada dell’associazionismo, sempre rinviata e mai percorsa in modo efficace, rimane una scelta obbligata per determinare un ulteriore riscatto dal pericolo del sottosviluppo, ma è una strada che non può essere percorsa senza operare una seconda rivoluzione che, prima di essere economica, è innanzitutto culturale. Successe a quei tempi che i coloni americani non sapevano come affrontare i loro problemi di sopravvivenza e chiedevano alla madrepatria aiuti e sostegno per promuovere il loro sviluppo economico e sociale. Benjamin Franklin andò spesso a perorare in Inghilterra la causa delle colonie, ma dopo vari tentativi andati a vuoto si rivolse ai propri concittadini scrivendo nel suo famoso Poor Richard's Almanac: “God helps those who help themselves” (Dio aiuta chi si aiuta).
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