Certo che ne sono successe di cose nell’anno che ci ha appena
lasciati! Probabilmente, presi dall’angoscia della fine del mondo pronosticata
dai Maya, non ci siamo accorti del tutto che tante cose , dopo il 2012, non
sono più come prima. La politica, che negli ultimi anni non ha certamente dato
il meglio di sé, ha finito per perdere quel ruolo di centralità nella vita
sociale così come si era venuta a determinare all’indomani delle due
rivoluzioni moderne, la rivoluzione industriale e la rivoluzione francese, due
eventi che sconvolsero il mondo per l’avvento sul proscenio della Storia delle
masse, divenute viepiù protagoniste del loro destino. Il potere, così, di conseguenza, migrò
dall’assolutismo delle caste nobiliari alle folle, masse, cioè, organizzate con
fini diversi, ora economiche, ora religiose, ora culturali che la politica, nel tempo, ha tentato
di armonizzare nella prospettiva di realizzare il bene comune. Il termine
rivoluzione, agli inizi dell’ottocento, irruppe, dunque, con veemenza in gran
parte dell’Europa avocando a sé la voglia incontenibile di cambiamento, e non
tanto di libertà, che questa, piuttosto, non è l’aspirazione delle grandi masse.
Acuto osservatore di questa peculiarità
delle masse fu Gustave Le Bone, il quale osservando l’irrompere delle folle
nella vita pubblica osservava come gli individui, allorchè confusi in una moltitudine,
proiettassero fuori di sé una porzione della propria anima che, in unione con
quella degli altri individui ivi convenuti, formava ciò che lui stesso definiva
l”anima delle folle”. Purtroppo, a differenza dell’anima individuale, modellata
sull’esperienza personale, risultato di una costruzione affettiva e relazionale
con l’ambito familiare e sociale di provenienza, l’anima della folle era la
risultanza, per Le Bone, degli istinti più primitivi che ciascuno individuo
conserva, perché ascritti, come sostenne più tardi Jung, negli archetipi
primordiali che caratterizzano le specie viventi. Di queste osservazioni si
occupò pure Sigmund Freud riconoscendo a Le Bone il merito di avere scoperto
come negli individui, allorché parte di
moltitudini anche occasionali, si determina una regressione dell’attività
psichica. Altri studiosi ebbero modo di occuparsi del fenomeno, talché lo
stesso J.A.Schumpeter ebbe ad evidenziare come nei parlamenti, ma anche in
forme associative più ristrette, è possibile rilevare una diminuzione del
livello intellettuale delle persone da ascrivere ad “influenze extralogiche”
sicchè “…i lettori dei giornali, gli ascoltatori dei programmi radiofonici, i
membri di un partito, anche se non fisicamente riuniti in gruppo, tendono a
divenire, dal punto di vista psicologico, una folla, a cadere in uno stato di
eccitazione in cui ogni tentativo di ragionamento logico ha il solo effetto di
stimolare impulsi bestiali”. Tesi, queste ultime, che a molti sono sembrate
azzardate, ma colte, anche se in una prospettiva di analisi scientifica, anche
da studiosi come Horkheimer e Adorno che hanno rilevato come anche “nella moderna
società tecnica, le tesi di Le Bone, trovano conferma, seppure in superficie”. D'altronde,
oggi basta portarsi in uno stadio per assistere ad una partita di calcio, per
vedere il nostro vicino di casa, il rigoroso ed impettito avvocato,
distinguersi fra i più esagitati per gridare: “ Arbitro cornuto!”, per farsi un’idea
dello stato regressivo della psiche cui incorrono persone che mai e poi mai
avremmo sospettato nei panni di pericolosi agitatori da stadio. Sarà, forse,
per questo motivo, che una giovane africana ha potuto assumere, in Italia, per
legge, i connotati di una nipote di un capo di stato straniero nel corso di una agitata seduta parlamentare. E sarà anche
per lo stesso motivo che tutte le sconcezze legislative, in Italia, vengono prodotte nel corso dell’approvazione
delle cosiddette leggi finanziarie che, di prassi, vengono portate al voto
prima di natale in un clima di straordinaria euforia e concitazione, causa, per
l’appunto, di quella regressione psichica di cui ci stiamo occupando. L’irrompere
delle masse sulla scena pubblica, dunque, per ritornare al nostro discorso
iniziale, avviene subito dopo le due grandi rivoluzioni in Europa e,
soprattutto in Italia, sotto lo stimolo di gruppi ed orientamenti diversi,
accomunati dal desiderio di determinare un cambiamento dello stato di cose
esistenti, così gruppi di rivoluzionari sotto
sigle diverse, dalla Carboneria fino agli Adelfi e i Filadelfi, si espansero lungo
tutto lo Stivale. Ma fu la Sicilia a dare il via ai moti insurrezionali che
successivamente dilagarono in Europa fino a raggiungere la Francia e la Germania,
quando il 12 gennaio del 1848 scoppiò un’insurrezione popolare che portò alla
proclamazione dell’indipendenza siciliana (lo Stato di Sicilia), durata poco
più di un anno. La parola rivoluzione, dunque, correva lungo percorsi
accidentati portando con sè un virus capace di contagiare popoli differenti,
ceti sociali diversi, accomunati dall’ansia di un cambiamento che ormai le
rivoluzioni, quella economica e quella politica, avevano innescato senza alcuna
possibilità di arretramento. In quell’anno 1848 successero tali e tanti di quegli
avvenimenti che ancora oggi, quando si vuole fare riferimento ad una situazione
di scompiglio e di confusione si suole ripetere: “ Qui succede un quarantotto!”.
Anche oggi, il termine rivoluzione muove lungo percorsi, a volte apparentemente
dissimili, ma nella sostanza convergenti nella direzione di un cambiamento.
Oggi, come allora, altre rivoluzioni, una economica (tecnologia dell’informazione),
l’altra politica (globalizzazione), costituiscono le premesse di un processo
ormai avviato, segnato dalla fine della centralità dei Partiti e dall’irrompere
delle folle (mediatiche, televisive) sulla scena pubblica. Ancora una volta i
moti partono dalla Sicilia, è il caso della Rivoluzione della Dignità di
Crocetta o della Rivoluzione Civile di Ingroia, ma non sono i soli perché anche
le forze della Restaurazione organizzano la loro controrivoluzione ed il
linguaggio si è fatto confuso, così come confuse sono le forze in campo: il
ceto medio si è proletarizzato, i capitalisti rinnegano il libero mercato, i
grandi finanzieri rivendicano il potere che prima fu dei nobili e poi della
borghesia. Per raggiungere il proprio obiettivo, ogni protagonista cerca di
rivolgersi direttamente alle masse, che perlopiù sono costituite da folle
televisive, occupando ogni spazio reso disponibile dai nuovi mezzi di
comunicazione (anche facebook, twitter), usando un linguaggio omologato che
punta direttamente a fare presa in quella parte irrazionale della psiche umana
che, davanti la televisione, vive quel processo di retrocessione ad una
condizione di primitività. E’ allora possibile che nel volgere di qualche
giorno si possa dire tutto ed il contrario di tutto, perfino che il Presidente
del Consiglio possa affermare che l’IMU non può essere messa in discussione e,
contemporaneamente, alla televisione accanto, ribadire che forse qualcosa va
cambiata, e, in tutto questo è difficile scorgere un barlume di logica. Oggi,
come allora, di fronte a tanta confusione, è possibile che succeda di nuovo un
quarantotto. Marx, ribaltando la
premessa del “Manifesto”, direbbe: “Degli spettri oggi si aggirano per l’Europa…si
chiamano Monti, Berlusconi, Merkel, Lagarde, Putin…! ”, e lancerebbe un nuovo
monito: “Consumatori di tutto il mondo, unitevi!”