giovedì 2 aprile 2020

LA LEZIONE DEL CORONAVIRUS (2)


Ieri 1° aprile 2020 gran parte della prima pagina del New York Times era dedicata ai problemi insorti a seguito del propagarsi del coronavirus. In particolare l’articolo di fondo sviluppava un’analisi quando mai allarmata sulla situazione americana, sulle responsabilità di Trump e sugli scenari aperti da questa crisi. Ciò che più mi ha colpito dell’analisi del quotidiano americano è lo scenario che si è aperto in seguito al diffondersi della pandemia. Secondo l’articolista, nel corso del briefing quotidiano del Presidente Trump, nella sala campeggiava un enorme grafico dal quale si poteva rilevare che la previsione di morti negli USA potrebbe raggiungere la cifra compresa tra i 100.000 e i 240.000, sempre che i cittadini rispettassero le norme restrittive disposte dal Presidente. Il giornalista, raccontava dell’ espressione cupa del Presidente sottolineando come lo stesso avesse fino a quel momento sottovalutata la gravità dell’epidemia, convinto che si trattasse di una semplice influenza. “Sono un leader rassicurante” avrebbe detto Trump in conferenza, ammettendo di avere minimizzato la situazione perché molti suoi amici imprenditori lo avevano ammonito circa le possibili conseguenze che misure drastiche avrebbero causato all’economia. Il giornale rilevava ancora come questa sottovalutazione di Trump, invece, potrà essere la causa di un’immane tragedia per Gli Stati Uniti facendo esplicito riferimento alle valutazioni di importanti osservatori secondo i quali “nel migliore dei casi, il numero  di americani che potrà morire di coronavirus nelle settimane e nei mesi a venire potrà superare i morti nelle guerre di Corea e Vietnam messe insieme”. Questo il quadro inquietante che traccia l’amministrazione americana, ma la situazione, secondo molti osservatori, potrebbe essere ancora più drammatica.
Mentre il Mondo si interroga e molti osservatori immaginano scenari più o meno apocalittici, non si può fare a meno, sempre in tema di analisi, di riflettere su ciò che sta alla base dell’odierno disorientamento, soprattutto in relazione al futuro dell’umanità, della pace,dello stesso pianeta. Credo che non sia più tempo dei leader “rassicuranti” mentre la morte corre sul filo dell’avidità, dell’indifferenza, del pressapochismo. E’ tempo di verità. Non si può certo fare riferimento ad uno sviluppo indefinito dell’economia senza fare i conti con l’esigua disponibilità di risorse, non si può pensare che un solo Paese, un solo popolo possa salvarsi da solo di fronte alla prospettiva di una catastrofe mondiale. E’ tempo, piuttosto, di ripensare ad un nuovo modello di sviluppo solidaristico, a nuovi equilibri mondiali, ad un’economia gravata dal controllo pubblico per mettere in primo piano diritti individuali inalienabili: il diritto alla vita, alla salute, alla libertà, al lavoro. I diritti fondamentali di uguaglianza e libertà non possono rimanere ancora dissociati dal principio universale di fratellanza come enunciato nel corso della rivoluzione francese. La fraternità, quale sentimento che si può manifestare solo con azioni generose, con l’ aiuto disinteressato, con la solidarietà concreta che si rivela tra individui liberi che insieme condividono lo stesso destino, costituisce oggi il presupposto necessario ed indispensabile dell’azione umana nel mondo.
Il coronavirus non è una calamità venuta all’improvviso a turbare i sonni dell’umanità. Già molteplici avvertimenti nel corso degli anni passati erano apparsi in diversi Paesi, dal’ HIV ad Ebola, alla Sars, ora la Covid-19,  e la paura di una pandemia con gravi conseguenze sull’umanità era incombente, aggravata dagli effetti della globalizzazione, la quale agisce da elemento acceleratore del contagio per via della mobilità che non ha precedenti nella storia universale. Anche le possibili sciagure indotte dell’inquinamento atmosferico e della deforestazione sono state più volte evocate dagli scienziati, e, recentemente tali problematiche sono state oggetto di una mobilitazione planetaria grazie all’attivismo della giovane Greta Thunberg. Ma tutto ciò non ha ancora convinto i grandi della terra, e buona parte dell'opninione pubblica, mentre gli egoismi nazionali continuano ad ispirare una grande parte della politica mondiale con in testa le superpotenze che non vogliono rinunciare ai propri privilegi, malgrado gli effetti negativi dell’inquinamento sul clima e l’espandersi della pandemia. L’articolo del New York Times di ieri, si rivolge agli americani con franchezza e sincerità, non nascondendo i pericoli di una drammatica recessione economica, con milioni di disoccupati e nuovi poveri. La situazione sarà ancora più grave per i Paesi come l’Italia, la Spagna, la Francia, la Grecia, nei quali gravano vecchi e nuovi squilibri, e non soltanto nei conti pubblici.
Un ripensamento è necessario, da non rinviare a domani, sarebbe troppo tardi e troppo devastante. Io sono convinto che la questione non è monetaria, economica senz’altro, ma non è pensando di stampare moneta che si possono rimuovere gli ostacoli per garantire al Paese sviluppo e sicurezza. Se fosse così semplice, tutti l’avrebbero fatto. C’è una condizione necessaria che intanto deve affrontare questo governo, quella di non sentirsi condizionato da questa opposizione, soprattutto da Matteo Salvini e Matteo Renzi. Questi personaggi non sono dei veri statisti, hanno avuto la possibilità di dimostrarlo, un’occasione storica, ma hanno fallito in preda ai fumi del potere. Oggi sono in preda ad una sindrome di astinenza grave dal potere e cavalcano l’onda di qualsiasi paura, incertezza, accidente, pur di sentirsi  dentro il meccanismo del potere, disposti a vendere l’anima al diavolo. Oggi la priorità non è l’assalto al governo, sarebbe una tragedia dagli effetti imprevedibili, oggi il vero problema è come uscire dalla crisi sanitaria e prevenire il tracollo economico. Bisogna evitare l’errore di cadere nella trappola ordita dai due, quella di pensare che l’emergenza  finirà presto e quella di distribuire soldi senza una chiara valutazione dei bisogni; questo non lo può fare un governo che oggi ha il compito fondamentale di salvare il Paese e di utilizzare bene le risorse per la ricostruzione. Questo governo sta lavorando bene, con un sostanziale sostegno dei partiti che lo hanno promosso, con l’immancabile ed ineccepibile supporto del Presidente Mattarella, insomma sta svolgendo bene il proprio compito senza quell’accapigliarsi continuo che ha caratterizzato ogni governo precedente. Non altrettanto si può dire di quella accozzaglia di sprovveduti che costituiscono oggi l’opposizione, al netto di Berlusconi che c’è sempre quanto deve tutelare i propri interessi, presa com’è dall’obbiettivo di far fuori il governo senza  dimostrare un minimo di senso dello Stato.
Se queste sono le considerazioni sugli scenari mondiali e italiani, diversa mi appare la situazione siciliana e locale. Mi sento di affermare con consapevole cinismo che il Mezzogiorno può trasformare  questa immane tragedia in un’opportunità di riscatto, sia sul piano della rivalutazione storica, sia sul piano economico e sociale. Sul piano storico risulta quanto mai acclamato quanto sia stato distorto il tipo di sviluppo che ha visto concentrata al Nord gran parte della ricchezza e degli investimenti lasciando al Sud l’incombenza di esercitare il ruolo di mercato secondario e di rifornimento di manodopera a basso costo. Il coronavirus ha evidenziato in maniera impietosa le conseguenze di quel tipo di sviluppo. L’alta densità della popolazione e la concentrazione di attività produttive che causano un alto tasso di inquinamento atmosferico, secondo precisi riferimenti epidemiologici, dimostrano il motivo per cui la Lombardia in particolare e gran parte delle regioni del nord oggi registrano le maggiori conseguenze dell’epidemia. Uno sviluppo equilibrato del Paese avrebbe consentito oggi di affrontare più adeguatamente la crisi. Oggi un ripensamento di quelle politiche appare quanto mai opportuno per evitare nuove diseguaglianze con il pericolo di doverle pagare in futuro ancora più drammaticamente. (Continua)