Ieri 1° aprile 2020 gran parte della
prima pagina del New York Times era dedicata ai problemi insorti a seguito del
propagarsi del coronavirus. In particolare l’articolo di fondo sviluppava un’analisi
quando mai allarmata sulla situazione americana, sulle responsabilità di Trump
e sugli scenari aperti da questa crisi. Ciò che più mi ha colpito dell’analisi
del quotidiano americano è lo scenario che si è aperto in seguito al diffondersi
della pandemia. Secondo l’articolista, nel corso del briefing quotidiano del
Presidente Trump, nella sala campeggiava un enorme grafico dal quale si poteva
rilevare che la previsione di morti negli USA potrebbe raggiungere la cifra
compresa tra i 100.000 e i 240.000, sempre che i cittadini rispettassero le
norme restrittive disposte dal Presidente. Il giornalista, raccontava dell’
espressione cupa del Presidente sottolineando come lo stesso avesse fino a quel
momento sottovalutata la gravità dell’epidemia, convinto che si trattasse di
una semplice influenza. “Sono un leader rassicurante” avrebbe detto Trump in
conferenza, ammettendo di avere minimizzato la situazione perché molti suoi
amici imprenditori lo avevano ammonito circa le possibili conseguenze che misure
drastiche avrebbero causato all’economia. Il giornale rilevava ancora come
questa sottovalutazione di Trump, invece, potrà essere la causa di un’immane
tragedia per Gli Stati Uniti facendo esplicito riferimento alle valutazioni di
importanti osservatori secondo i quali “nel migliore dei casi, il numero di americani che potrà morire di coronavirus
nelle settimane e nei mesi a venire potrà superare i morti nelle guerre di
Corea e Vietnam messe insieme”. Questo il quadro inquietante che traccia l’amministrazione
americana, ma la situazione, secondo molti osservatori, potrebbe essere ancora
più drammatica.
Mentre il Mondo si interroga e
molti osservatori immaginano scenari più o meno apocalittici, non si può fare a
meno, sempre in tema di analisi, di riflettere su ciò che sta alla base dell’odierno
disorientamento, soprattutto in relazione al futuro dell’umanità, della pace,dello
stesso pianeta. Credo che non sia più tempo dei leader “rassicuranti” mentre la
morte corre sul filo dell’avidità, dell’indifferenza, del pressapochismo. E’
tempo di verità. Non si può certo fare riferimento ad uno sviluppo indefinito
dell’economia senza fare i conti con l’esigua disponibilità di risorse, non si
può pensare che un solo Paese, un solo popolo possa salvarsi da solo di fronte
alla prospettiva di una catastrofe mondiale. E’ tempo, piuttosto, di ripensare
ad un nuovo modello di sviluppo solidaristico, a nuovi equilibri mondiali, ad
un’economia gravata dal controllo pubblico per mettere in primo piano diritti
individuali inalienabili: il diritto alla vita, alla salute, alla libertà, al
lavoro. I diritti fondamentali di uguaglianza e libertà non possono rimanere ancora
dissociati dal principio universale di fratellanza come enunciato nel corso della
rivoluzione francese. La fraternità, quale sentimento che si può manifestare
solo con azioni generose, con l’ aiuto disinteressato, con la solidarietà concreta
che si rivela tra individui liberi che insieme condividono lo stesso destino, costituisce
oggi il presupposto necessario ed indispensabile dell’azione umana nel mondo.
Il coronavirus non è una calamità
venuta all’improvviso a turbare i sonni dell’umanità. Già molteplici
avvertimenti nel corso degli anni passati erano apparsi in diversi Paesi, dal’
HIV ad Ebola, alla Sars, ora la Covid-19, e la paura di una pandemia con gravi
conseguenze sull’umanità era incombente, aggravata dagli effetti della
globalizzazione, la quale agisce da elemento acceleratore del contagio per via
della mobilità che non ha precedenti nella storia universale. Anche le possibili sciagure indotte
dell’inquinamento atmosferico e della deforestazione sono state più volte evocate dagli scienziati, e, recentemente tali problematiche sono
state oggetto di una mobilitazione planetaria grazie all’attivismo della
giovane Greta Thunberg. Ma tutto ciò non ha ancora convinto i grandi della terra, e buona parte dell'opninione pubblica, mentre gli
egoismi nazionali continuano ad ispirare una grande parte della politica
mondiale con in testa le superpotenze che non vogliono rinunciare ai propri
privilegi, malgrado gli effetti negativi dell’inquinamento sul clima e l’espandersi
della pandemia. L’articolo del New York Times di ieri, si rivolge agli
americani con franchezza e sincerità, non nascondendo i pericoli di una
drammatica recessione economica, con milioni di disoccupati e nuovi poveri. La
situazione sarà ancora più grave per i Paesi come l’Italia, la Spagna, la
Francia, la Grecia, nei quali gravano vecchi e nuovi squilibri, e non soltanto
nei conti pubblici.
Un ripensamento è necessario, da
non rinviare a domani, sarebbe troppo tardi e troppo devastante. Io sono
convinto che la questione non è monetaria, economica senz’altro, ma non è
pensando di stampare moneta che si possono rimuovere gli ostacoli per garantire
al Paese sviluppo e sicurezza. Se fosse così semplice, tutti l’avrebbero fatto.
C’è una condizione necessaria che intanto deve affrontare questo governo,
quella di non sentirsi condizionato da questa opposizione, soprattutto da
Matteo Salvini e Matteo Renzi. Questi personaggi non sono dei veri statisti,
hanno avuto la possibilità di dimostrarlo, un’occasione storica, ma hanno fallito
in preda ai fumi del potere. Oggi sono in preda ad una sindrome di astinenza
grave dal potere e cavalcano l’onda di qualsiasi paura, incertezza, accidente,
pur di sentirsi dentro il meccanismo del
potere, disposti a vendere l’anima al diavolo. Oggi la priorità non è l’assalto
al governo, sarebbe una tragedia dagli effetti imprevedibili, oggi il vero problema
è come uscire dalla crisi sanitaria e prevenire il tracollo economico. Bisogna
evitare l’errore di cadere nella trappola ordita dai due, quella di pensare che
l’emergenza finirà presto e quella di
distribuire soldi senza una chiara valutazione dei bisogni; questo non lo può
fare un governo che oggi ha il compito fondamentale di salvare il Paese e di
utilizzare bene le risorse per la ricostruzione. Questo governo sta lavorando
bene, con un sostanziale sostegno dei partiti che lo hanno promosso, con l’immancabile
ed ineccepibile supporto del Presidente Mattarella, insomma sta svolgendo bene
il proprio compito senza quell’accapigliarsi continuo che ha caratterizzato
ogni governo precedente. Non altrettanto si può dire di quella accozzaglia di
sprovveduti che costituiscono oggi l’opposizione, al netto di Berlusconi che c’è
sempre quanto deve tutelare i propri interessi, presa com’è dall’obbiettivo di
far fuori il governo senza dimostrare un
minimo di senso dello Stato.
Se queste sono le considerazioni
sugli scenari mondiali e italiani, diversa mi appare la situazione siciliana e
locale. Mi sento di affermare con consapevole cinismo che il Mezzogiorno può
trasformare questa immane tragedia in un’opportunità
di riscatto, sia sul piano della rivalutazione storica, sia sul piano economico
e sociale. Sul piano storico risulta quanto mai acclamato quanto sia stato
distorto il tipo di sviluppo che ha visto concentrata al Nord gran parte della
ricchezza e degli investimenti lasciando al Sud l’incombenza di esercitare il
ruolo di mercato secondario e di rifornimento di manodopera a basso costo. Il
coronavirus ha evidenziato in maniera impietosa le conseguenze di quel tipo di
sviluppo. L’alta densità della popolazione e la concentrazione di attività
produttive che causano un alto tasso di inquinamento atmosferico, secondo
precisi riferimenti epidemiologici, dimostrano il motivo per cui la Lombardia in
particolare e gran parte delle regioni del nord oggi registrano le maggiori
conseguenze dell’epidemia. Uno sviluppo equilibrato del Paese avrebbe
consentito oggi di affrontare più adeguatamente la crisi. Oggi un ripensamento
di quelle politiche appare quanto mai opportuno per evitare nuove
diseguaglianze con il pericolo di doverle pagare in futuro ancora più
drammaticamente. (Continua)