Una lacrima sul viso, quella del
presidente degli Stati Uniti Barak Obama, ha fatto il giro dei giornali e delle
televisioni di tutto il mondo. Debbo essere sincero, questa lacrima è la cosa
che mi ha colpito di più di queste lunghe e appassionanti elezioni americane. Perché
un uomo che piange, in una società ancora così sessista e arcaicamente
tradizionale, costituisce veramente un segno dei tempi, è una rivoluzione. In
altre epoche, non tanto remote, si sarebbero mobilitati i servizi segreti per
impedire al pubblico di vedere l’immagine di un capo che piange e,
probabilmente, l’opposizione, e non solo, ne avrebbe chiesto l’ impeachment per
eccesso di debolezza d’animo! Invero, questa lacrima testimonia tutta la forza
di Obama, un uomo che riesce ad emozionarsi nell’esprimere il proprio
riconoscimento a tutte quelle ragazze e a quei ragazzi volontari che avevano
seguito con grande spirito di sacrificio un intero anno di campagna elettorale,
testimoniando in questo modo di essere un uomo capace di sentimenti, di umiltà,
di condivisione. E, in fondo, è questo che i cittadini vorrebbero dai propri
politici, e forse è più importante dei risultati che un politico può
realisticamente conseguire. Mi hai detto che ci avresti provato, ci hai provato
ma non ci sei riuscito, però mi hai detto la verità, e questo mi basta. Per
questo motivo la gente d’America si è mobilitata, quell’America che qualche
decennio fa, nei manuali di scienza della politica, veniva ricordata per la disassuefazione
al voto, mentre oggi fa la fila per votare Obama. E Barak si emoziona quando
parla della sua gente e dimostra di credere fino in fondo alle cose che dice e
promette. Al giornalista che lo intervista qualche ora dopo il suo primo
discorso da vincitore che gli chiede quali sono le priorità del suo secondo mandato,
Obama risponde categorico e senza incertezze: “La scuola e job,job,job – lavoro,lavoro,lavoro!”. Nient’altro è così urgente e fondamentale
del suo programma di governo se non come trovare i mezzi per realizzare questi
suoi propositi:”Sarà necessario che i ricchi come me paghino più tasse per
consentire ai meno abbienti di accedere a quegli strumenti che costituiscono i
presupposti della libertà, del sogno americano”. Questi strumenti sono l’istruzione
ed il lavoro, senza questi requisiti, nella società della conoscenza, non si va
da nessuna parte e senza l’introduzione di seri principi di uguaglianza non si
trovano le risorse per raggiungere lo scopo. Barak sa che in Parlamento non ha
la maggioranza dei deputati e dei senatori per potere procedere sulla via di
queste riforme fondamentali e apre all’opposizione:”Facciamo queste riforme
insieme, sono aperto a nuove idee, altrimenti ci aspettano anni di grandi
difficoltà”. Anche in questo caso il Presidente testimonia un grande senso di
realismo, ma anche di fermezza: “Altrimenti le detrazioni fiscali di cui godono
i ricchi dovranno essere soppresse”. Si riferisce, in questo caso, al grande
regalo concesso da Bush alle classi americane più ricche che usufruiscono
ancora di notevoli benefici fiscali, probabile causa della grande depressione
economica che sta attraversando l’America. Certo è che con Obama è stato
introdotto in America il concetto di Socialismo dei ricchi, una cosa assurda
per i grandi teorici del liberismo economico, cioè promuovere grandi
investimenti statali per salvare le grandi banche e le grandi imprese dal fallimento, ma ciò, se non altro, ha
dimostrato che la politica serve proprio a questo: rendere possibile ciò che la
teoria ritiene impraticabile. Però a differenza di ciò che accade in Italia,
Obama da un lato ha concesso gli aiuti alle imprese, come una boccata di
ossigeno, ma dall’altro canto ha preteso che i soldi dello Stato fossero
restituiti. E ciò lo sa bene il nostro Marchionne che ne è stato un
beneficiario per la ristrutturazione della Chrysler, soltanto che con Obama fa
l’amerikano, mentre con Monti vuole fare l’indiano come quanto prometteva venti
miliardi di investimenti in Italia magari dietro inconfessabili contropartite.
Insomma, Obama sarà pure un ricco capitalista, ma certamente è un uomo che ha
compreso appieno il suo tempo, che sa interpretare i bisogni di una società in trasformazione
e che deve tracciare un nuovo orizzonte per quello che per lunghi anni è stato
il sogno americano. Lo fa con sincerità, con garbo, con sentimento, con onestà
e anche con molta autorevolezza. Forse sono questi i motivi per cui in Italia tutti sono
pazzi per Obama.