giovedì 17 aprile 2014

Un nuovo piano regolatore per un nuovo sviluppo sostenibile


C’è il rischio che il dibattito attorno al Piano Regolatore del Comune di Vittoria finisca per dividere le fazioni contrapposte come i buoni da un lato e i cattivi dall’altro, tra quelli che vogliono la tutela del territorio e dell’ambiente e quelli che vogliono cementificare tutto. Ma aldilà dei buoni propositi degli uni e degli altri, è difficile pensare che interessi occulti non condizionino le fazioni in campo, anche a loro insaputa. La disciplina urbanistica è una materia difficile e complessa, caratterizzata da un lato da una farraginosa ragnatela di norme e prescrizioni solitamente riservata agli addetti ai lavori, cioè i tecnici, dall’altro da un coacervo di interessi diffusi che vanno dalla rendita di posizione dei proprietari fondiari, ai costruttori, alle famiglie che devono costruire le proprie case, agli operai che hanno bisogno di lavorare, all’intermediazione, all’indotto industriale e commerciale che trae le ragioni delle proprie finalità produttive proprio dall’attività edile, agli studi professionali, agli enti pubblici che devono soddisfare il bisogno di infrastrutture e servizi per la collettività. Una platea vasta, multiforme, caratterizzata e cementata da un’unica finalità: costruire. C’è poi un’altra platea, meno visibile, ma non meno importante, composta da quelli che potremmo definire i portatori di interessi immateriali, pur essi diffusi e presenti in vaste aree della popolazione, che sono i cultori della cultura, della storia e della tradizione, gli amanti dell’ambiente e delle sue connotazioni, così come si sono armonizzati nel tempo in conseguenza dei processi che gli uomini hanno attivato per garantire il ricambio organico e che, in un’unica parola, potremmo definire la memoria di un territorio. Il Piano Regolatore, dunque, “regola” una complessa quantità di interessi e di aspettative, alcuni di carattere speculativo proprio delle modalità del produrre: l’investimento finanziario, l’uso delle tecnologie, l’uso della proprietà; altre riguardanti il soddisfacimento di bisogni materiali: quali costruire case, scuole, strade, ospedali; altri riguardanti la conservazione di valori storici ed etici attinenti ad uno specifico  territorio: gli usi e i costumi, le vestigia, la specificità dell’ambiente, la tradizione, i monumenti. Le variazioni attinenti il modo di produrre e il conseguente modificarsi di interessi ed aspettative, inducono una “tensione” al complesso sistema del Piano. Le prescrizioni, le norme di attuazione, con il passare del tempo confliggono con i nuovi attori sociali, quelli che costituiscono i fautori del cambiamento e, dunque, sono proprio questi nuovi protagonisti che alimentano la pressione sulla politica, rivendicando l’adeguamento ai nuovi processi socio-economici. Ecco perché è necessario esaminare lo scenario entro cui matura il tempo per una revisione del Piano. La prima cosa che ci si chiede è se sono mutati i fattori produttivi e come è cambiata o come si è modificata la struttura demografica rispetto ai dati che caratterizzarono il Piano al momento della sua prima elaborazione. Io non sono in possesso dei dati su cui hanno lavorato i tecnici, ma avendo rivolto uno sguardo ai dati recenti elaborati dalla Camera di Commercio di Ragusa, ho constatato  che è in corso una trasformazione degli assetti fondiari relativi al sistema agricolo, nel senso che va affermandosi la costituzione di aziende medio grandi con prevalenza di manodopera salariata con conseguente restringimento della piccola azienda a conduzione familiare. Questa tendenza ha sviluppo esponenziale, ai ritmi attuali e con le difficoltà legate al sistema di commercializzazione, alla concorrenza straniera, alla difficoltà di accesso al credito, entro i prossimi dieci anni verosimilmente si potrebbe verificare un completo capovolgimento degli assetti produttivi: sviluppo dell’azienda capitalistica e scomparsa della piccola azienda contadina. Questa conseguenza non ha effetti neutrali, giacché il decadere di una massa di non meno di 16.000 piccoli produttori verso il lavoro salariato potrebbe avere costi sociali ingenti, anche in considerazione del fatto che i salariati locali dovranno competere con la manodopera immigrata, più disponibile ad accettare forme di lavoro in nero scarsamente remunerato, perlopiù incentivato dall’ulteriore processo di flessibilità che sarà varato con il Job Act. Lo scenario potrebbe far prevedere un processo di impoverimento di quegli strati della popolazione che sono stati protagonisti delle trasformazioni agrarie avviate mezzo secolo fa, per cui è necessario pensare da subito ad una riconversione produttiva capace di salvare migliaia di posti di lavoro. E’ questo un dato che attiene la revisione del Piano Regolatore? Io penso di si, così come penso che questi nuovi assetti non possono non interessare il dibattito politico ed il necessario confronto con le forze sociali: le forze politiche,  i sindacati dei lavoratori e le categorie professionali . Solo dalle scelte e dalle indicazioni che produrrà questo confronto, potranno scaturire quelle tendenze capaci di orientare le nuove regole urbanistiche che, a loro volta, dovranno ispirare il nuovo Piano regolatore. Forze lavoro e nuove tendenze occupazionali. La disoccupazione si attesta attorno al 18%, inferiore di 5 punti rispetto al dato regionale, ma con una forte connotazione negativa che riguarda l’occupazione femminile e con maggiore criticità nella fascia di età compresa tra i 18 e i 40 anni. Si tratta perlopiù di manodopera altamente qualificata, diplomata e laureata, ma con competenze in gran parte estranee ai tradizionali processi produttivi legati all’agricoltura, all’industria e all’artigianato. Gran parte di questi disoccupati aspirano ad un incarico come docente o ad una carriera nella pubblica amministrazione, o  ad esercitare una libera professione. Ma come abbiamo visto la scuola subisce pesanti ridimensionamenti e ne subirà di altri a causa del calo demografico, mentre la pubblica amministrazione non sa ancora come ovviare al dramma del precariato che ha assunto proporzioni non più sostenibili nell’epoca della cosiddetta spending review. Non da meno è la condizione degli ordini professionali, non più in grado di sostenere l’urto dei nuovi arrivati, il numero dei professionisti, infatti, nelle varie specializzazioni, supera il numero medio dei paesi europei e le categorie, negli ultimi anni, hanno subito un processo di graduale impoverimento. Si pone allora  il problema della riconversione delle competenze alla luce di quelle che saranno le direttive entro cui dovrà muovere il nuovo modello di sviluppo. E’ questo un dato che attiene la revisione del Piano Regolatore? Io penso di si. Le attività commerciali hanno subito negli ultimi anni una drammatica inversione di tendenza e l’unico fenomeno, ancora scarsamente studiato, è costituito dall’apertura di numerosi esercizi da parte di esercenti cinesi. Di fatto i grandi centri commerciali, che gravitano sul versante ragusano e modicano, hanno inferto colpi durissimi al commercio locale e i tentativi di rivitalizzare il centro storico, considerata l’approssimazione e l’assoluta mancanza di competenze con cui è stato affrontato, non hanno prodotto gli effetti sperati. Il versante turistico versa in una condizione ancora più disperata. Nulla di tutto quanto desidera un turista si trova alla sua portata e di converso abbondano strade sporche e disseminate di buche, spiagge abbandonate per grande parte dell’anno, verde pubblico non adeguatamente curato, fumarole velenosissime a bella vista dalla primavera all’autunno, totale assenza di parcheggi, assenza di collegamenti pubblici verso il comprensorio limitrofo, discariche abusive in tutto il territorio, endemica carenza idrica nel periodo estivo, lungomare sporco e disseminato di contenitori maleodoranti e ridondanti di sacchi di immondizia sotto il sole cocente, traffico caotico. Il turismo è un settore che non matura da sé, è opportuno verificare le potenzialità del territorio per poterle valorizzare ed organizzare sia in termini infrastrutturali sia in termini di competenze, occorre indagare la domanda alla luce dei grandi processi di mobilità indotti dalla globalizzazione dell’economia per potere di conseguenza definire il target dell’offerta, non senza tenere in considerazione che i villaggi turistici già insediati nella provincia non godono ottima salute, ed in considerazione del grande patrimonio edilizio esistente lungo la costa che costituisce la cassaforte dei vittoriesi, nel bene e nel male. E’ questo un dato che attiene la revisione del Piano Regolatore? Io penso di si. E si potrebbe continuare: il ruolo dell’aeroporto, l’università e la ricerca applicata all’agricoltura, le fiere ed il mercato ortofrutticolo, il fenomeno immigratorio e le politiche per l’integrazione. Ma la questione di fondo rimane: di quale modello di sviluppo economico si vogliono dotare i vittoriesi? Su quali forze produttive si vuole puntare? Quali interessi si intendono privilegiare? Il resto verrà da sé, perché sarà in conseguenza delle scelte che saranno operate che si potrà stabilire se un milione di metri quadrati di nuova edificazione potrà essere un’enormità o semplicemente insufficiente, tutto dipende dallo sviluppo che si intende imprimere al territorio e quali ne saranno gli attori protagonisti. Per questo motivo ritengo necessario chiudere definitivamente la partita del PRG e necessario affidare l’incarico ad un nuovo professionista che, innanzitutto, dovrà essere un urbanista, un qualcuno che si innamori del nostro territorio come fu il professore Susani, capace di interpretare i sentimenti e gli umori delle popolazioni locali, farsi cultore della loro storia, saperne individuare criticità e potenzialità, sapere stimolare il confronto tra le forze che devono ritornare protagoniste del loro destino ed essere capace, ancora, di disegnare per farci ancora di più innamorare della nostra terra e farci ancora una volta sognare. Non basta, dunque, un pezzo di carta, e per giunta quella sbagliata, su cui opporre numeri a caso su luoghi magari suggeriti in funzione di interessi lasciati maturare nel tempo nell’indifferenza generale, appetibili magari a forze estranee al territorio ma colluse con interessi parassitari locali. Vogliono costruire alberghi, villaggi turistici, centri di attrazione, mega centri commerciali? Ebbene si facciano avanti costoro, ora, prima di mettere nero su bianco, facciano vedere la loro fedina penale e ci dicano da dove proviene il denaro che vogliono investire in questo territorio la cui integrità fino a poco tempo fa è stata difesa con le unghie e coi denti. Non mi risulta che con le zucchine e il pomodoro, con la professione o con l’impiego siano cresciute a Vittoria cotante ricchezze da investire in cotanta abbondanza di territorio. Tra un nuovo sbarco di turchi saraceni e la povertà, per me e i miei figli continuo a preferire una povertà vissuta con piena dignità, a costo di essere considerati babbi per altri quattro secoli, senza contare ancora che siamo capaci di quella diversità, di quel geniaccio che al momento opportuno ci rende capaci di andare oltre qualunque contingenza, ne sono testimonianza quei ragazzi che sanno portare con forza  intelligenza e determinazione il nome di Vittoria nel mondo, e le ragazze che con tanta tenacia stanno riscoprendo la campagna e tutte le sue potenzialità. Il tempo dell’avventura è finito.

lunedì 14 aprile 2014

L'Ato, quella foglia di fico che copre le vergogne dei sindaci


E’ una grave mistificazione della realtà addebitare all’Ato Ambiente la responsabilità della grave situazione in cui versano le discariche, facendo credere che l’Ato sia un carrozzone della regione siciliana. L’Ato S.p.A è una società per azioni la cui composizione sociale è composta da tutti i comuni della provincia rappresentati nell’assemblea dai rispettivi sindaci. La maggioranza dei sindaci non ha mai conferito all’Ato la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, preferendo la gestione diretta del servizio per motivi facilmente intuibili con gravi ripercussioni sia per quanto riguarda l’efficienza del servizio sia per i costi elevati che gravano interamente sui bilanci delle famiglie. La gestione delle discariche, invece, è stata affidata all’Ato, ma senza pagarne i relativi costi accumulando un debito verso la Società che complessivamente supera i 30 milioni di euro, debito di cui si dovranno fare carico i cittadini attraverso l’aumento sconsiderato delle tariffe. La grave situazione delle discariche fu posta dal Collegio dei liquidatori  all’ordine del giorno dell’assemblea dei soci  del 19 ottobre 2011, chiedendo con accenti drammatici ai soci di fare fronte ai costi della messa in sicurezza, come da rispettivi contratti, ma i sindaci presenti, più sensibili alle vicende dei 19 co.co.co da sistemare in via definitiva, invece di impegnarsi concretamente per il risanamento delle discariche decisero di rinviare il problema con la scusa di chiedere un improbabile e mai realizzato intervento della regione. Negando la verità dei fatti il sindaco Nicosia non solo rende un cattivo servizio alla collettività che rappresenta, ma contribuisce ad accrescere il senso di sfiducia dei cittadini verso le istituzioni con grave pregiudizio della tenuta democratica della città.

martedì 14 gennaio 2014

Caro Renzi ti scrivo, così per chiacchierare un po'...


Ho letto sul  blog il tuo ultimo libro on line dal titolo “eNews381”, un titolo sicuramente molto innovativo, quasi da “2001: odissea nello spazio”, il famoso film di Stanley Kubrick che nel 1968  produsse un grande impatto emotivo alla mia generazione. Disse allora Kubrik : «ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico del film, io ho tentato di rappresentare un'esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell'inconscio». Mi sono chiesto se, in riferimento al tuo libro, ti senti di condividere lo stesso giudizio. Perché questo tuo scritto, che consta di un indice composto da una prefazione, ben 7 voci principali cui seguono 21 voci secondarie, oltre ad una postfazione,  è capace di creare le stesse suggestioni del film, perché utilizzando gli stessi effetti psichedelici, nel libro risultano combinati efficacemente tra loro le riforme istituzionali e la cancellazione dei politici delle province, la crescita economica e il lavoro, la revisione della spesa e la diminuzione delle tasse, l’agenda digitale e l’eliminazione delle figure dirigenziali, l’obbligo della trasparenza e la riforma della burocrazia. Insomma una cosa straordinaria, come si legge nella prefazione: “capace di sistemare in un mese quello che non si è fatto negli ultimi otto anni. Una “genialata” per dirla alla Bersani ( approfitto, auguri di cuore Pierluigi, ti aspettiamo con ansia). Come nel film,  il raccordo tra le due scene iniziali (quella dell’osso e quella con le navicelle spaziali che orbitano attorno alla terra) che danno la sensazione di percorrere in un lampo milioni di anni di storia dell’umanità, così nel tuo libro il raccordo tra la rottamazione dei politici delle province e il sorriso finale ci offrono, ma solo perché aggirando la realtà penetrano nell’inconscio collettivo, la dolce sensazione del finalmente tutto risolto, una rasserenazione dell’anima.
Debbo riconoscere che con questo libro hai fatto molto di più della buon’anima di un mio amico il quale scrisse un libro, orsono cinquant’anni fa, e lo presentò in pompa magna, perfino con una pubblicità su un periodico locale, annunciando un evento rivoluzionario. In effetti, a ben vedere sulla manchette che avvolgeva la copertina del libro, con molta evidenza, c'era scritto: ”Attenzione contiene una sorpresa!”, cosicché l’ignaro lettore non rimanesse deluso quando, aprendo il libro, si sarebbe accorto che l’autore, nella prefazione così si esprimeva: ”Questo libro segna un’autentica rivoluzione culturale, da oggi il libro lo scrive il lettore e non l’autore….”. Seguivano 220 pagine bianche che gli entusiasti lettori avrebbero dovuto precipitarsi a riempire di contenuti, consapevoli che stavano scrivendo la pagina più entusiasmante mai scritta prima dell’avvento dell’era digitale. Un genio, non c’è che dire.
La stessa onestà intellettuale del mio amico scomparso hai dimostrato anche tu scrivendo nella prefazione: “Gli spunti che trovate in questa e-news saranno inviati domani ai parlamentari, ai circoli, agli addetti ai lavori per chiedere osservazioni, critiche, integrazioni. Dunque non è un documento chiuso, ma aperto al lavoro di chiunque. Anche vostro”. Un mio amico, un vecchio del PD, mi ha detto: ”Giovanni, ma fammi capire una cosa, ma non gli abbiamo dato i voti perché lui ci doveva mettere le idee e noi avremmo dovuto godere i benefici? Maiala come gl’è strano! Ma vuoi vedere che le idee ce le dobbiamo mettere noi della base e lui si prende i benefici!”
E’ proprio così? Un caro saluto e auguri di buon lavoro.