sabato 14 luglio 2012

Bocciati a 6 anni, che tristezza la Scuola!

Fra i tanti, tantissimi,  bocciati delle scuole di Vittoria di cui tanto si è occupata la stampa in questi primi giorni di luglio, quelli che più hanno colto la mia attenzione sono due bambini della prima elementare. Essere bocciati a 6 anni! Chissà quali pensieri nella mente di questi bimbi per questa esperienza difficile da spiegare, difficile da capire. Andare alla scuola elementare, quella di tantissimi anni fa, mi incuteva paura, mi ricordo che vivevo sempre nell’ansia, perché il maestro ci picchiava. Tanti colpi di bacchetta sui palmi delle mani per tante righe di poesia dimenticate, e i genitori si raccomandavano pure: “ Maestro glieli suoni pure, non abbia remore!”. E alla scuola media il preside puniva le nostre marachelle facendoci mettere sull’attenti e giù due ceffoni da lasciare i segni. Per fortuna oggi la scuola non è più così, ma essere bocciati alla prima elementare rimane pure una cosa incomprensibile. Ho chiesto lumi a mia moglie, che è una pedagogista, mi ha spiegato che a volte può succedere che, di comune accordo con i genitori, gli insegnanti scelgano di optare per un “fermo maturativo” nel caso in cui i bambini non raggiungano i pre-requisiti necessari per affrontare i compiti successivi e colmare, così, eventuali ritardi. Mi auguro che i casi segnalati dalla stampa abbiano le stesse ragioni o altre dello stesso tenore, anche se personalmente resto della convinzione che provvedimenti di questa natura costituiscono dei traumi per i bambini, preferendo considerare la Scuola come un luogo dove i cittadini dovrebbero maturare tutti insieme, dove insegnare con gioia, apprendere con gioia . La Scuola non può riflettere l’ideale di una società competitiva e punitiva, la Scuola che boccia, la Scuola del merito, dell’individualismo,  non necessariamente è la Scuola migliore. Sono sempre stato convinto che dietro la bocciatura di un bambino si nasconde il fallimento di noi adulti, della stessa istituzione scolastica e che la storia di ogni studente è una storia individuale di apprendimento, di personali capacità intellettuali e relazionali. Sono, altresì,  convinto che l’insegnante è come un maestro d’orchestra cui è affidato il “compito della concertazione e della coordinazione tra gli esecutori, leggendo da una partitura completa e dando indicazioni verbali, uditive e gestuali”, capace, cioè, di far prevalere il lavoro di squadra esaltando ogni singolo contributo nell’ambito di un progetto comune. Immaginate un maestro che nel vivo di una rappresentazione riducesse al silenzio due o tre strumenti, verrebbe meno il risultato finale del suo lavoro, gli spettatori finirebbero per non capire; ecco, i bocciati della scuola sono degli strumenti di un’orchestra ridotti al silenzio. Comenio, teologo e pedagogista vissuto nel ‘600, sosteneva la necessità che l'insegnamento fosse  esteso a tutti, non stimolando eccessivamente la mente dei ragazzi , ma abituandoli alla “ricerca del sapere lungo tutta la vita”, ciò che la moderna teoria dell’insegnamento definisce come “lifelong learning”. Anche le donne e gli handicappati devono essere partecipi dell’insegnamento, perché, secondo Comenio, anche loro hanno un'anima che deve progredire con il sapere. Ma ha ancora un senso la bocciatura a Scuola? Secondo il ministro austriaco Claudia Schmied la bocciatura non aiuta la competitività e ha annunciato che da quest’anno nelle scuole austriache sarà abolita.
 Ma non si tratta di un provvedimento tout court, bensì di un insieme di strumenti a favore degli studenti che ne hanno bisogno  tra i quali corsi di recupero e rinforzo, in particolare per il tedesco, la matematica e le lingue straniere, che eviti una valutazione finale negativa con bocciatura. In Italia il problema è stato più volte affrontato, ma con un limite, perché quando si parla di intervenire in settori delicati della vita dello stato, quali la scuola o la sanità, il problema non viene mai affrontato con leggi di riforma capaci di incidere sulla sostanza del problema, bensì nell’ambito di provvedimenti di spesa, e con i tagli non si può certo incidere sulla qualità dei servizi. Così a pagarne le conseguenze sono sempre i soggetti più deboli della società, i portatori di handicap e le fasce più povere ed emarginate. A Vittoria il problema delle bocciature, delle ripetenze e della dispersione scolastica ha assunto caratteri di una vera e propria emergenza, nei confronti della quale le istituzioni locali devono sentire forte la necessità di interventi non più rinviabili. Come si evince dalla Relazione Generale dello Schema di Variante al PRG: “… per quanto riguarda l’istruzione e la scolarizzazione, nel comune di Vittoria il censimento del 2001 consegnava all’attenzione del territorio la difficile situazione di Vittoria che risultava uno dei Comuni meno scolarizzati di Italia con il 19% della popolazione analfabeta o senza alcun titolo di studio”. Nell’epoca della Società della Conoscenza, ciò non costituisce certo un requisito capace di invertire le sorti di un destino che, allo stato, senza le opportune contromisure, sembra segnato da un lento quanto irrimediabile declino.

venerdì 6 luglio 2012

Denaro insiste, ma l'EMAIA resta un flop

Ricevo dal Presidente dell'EMAIA Giovanni Denaro la seguente comunicazione: Caro Giovanni Lucifora,
mi sarei aspettato da un ex sindaco come te un contributo di alto profilo. Non una polemica sterile e fine a se stessa. Questo è il momento della responsabilità non delle invettive. Se tu ti scagli contro l’Emaia attacchi l’economia di questo territorio. E ti assumi una responsabilità storica che io non posso condividere. Io sono dalla parte delle imprese. E, con umiltà e pragmatismo, cerco di affrontarne i problemi concreti.
Non ho mai nascosto le difficoltà relative al contesto in cui si è svolta la 30ª MEDEXPO. Purtroppo la crisi esiste ed è tangibile. Chi è a contatto con le imprese, come il sottoscritto, lo sa bene. Tant’è vero che l’idea della campionaria estiva è stata intesa nell’ottica del rilancio dell’economia del territorio. La presidenza dell’Emaia è riuscita, nonostante tutto, a coinvolgere il tessuto produttivo della città. A questo proposito, non mi stancherò mai di ringraziare gli espositori che hanno mostrato il coraggio della sfida e hanno colto l’opportunità offerta dall’ente. Hanno capito che si tratta davvero della vetrina delle imprese siciliane.
Sono, comunque, convinto che debbano essere apportati dei correttivi alla prossima MEDEXPO. L’obiettivo è quello di incrementare la qualità dell’edizione. Questo è quanto emerge anche da una serie d’incontri effettuati con gli imprenditori del territorio.
La Fiera Emaia non solo resiste ma rilancia. Numerosi enti fieristici sono passati dall’annualità alla biennalità. La Fiera, in controtendenza, ha invece riavviato il rapporto commerciale con una serie di associazioni che si muovono in modo proficuo.
Quanto al progetto di cui parli, t’informo che esiste ed è molto chiaro. Io mi sono fatto carico di renderlo pubblico. La mia proposta di rilancio della Fiera Emaia è nota a tutti. E i media ne hanno dato ampio risalto. Persino Il Sole 24 ore del 3 luglio scorso sostiene il coraggio e la sfida dell’ente fieristico, a dispetto delle fiere di Palermo e Messina da tempo defunte. Mi spiace che tu non sia attento. Ma tant’è. Ti riassumo i concetti-cardine della mia proposta.
Io penso che debba registrarsi una vera attenzione nei confronti di una fiera esistente da quarantasei anni. La Fiera Emaia non può più ricevere i contributi destinati alle sagre paesane. Occorre una svolta non più rinviabile. Deve cambiare l’assetto societario. Oltre alla Città di Vittoria, della futura società di gestione devono farne parte sia la Camera di Commercio di Ragusa sia la Provincia di Ragusa. Così come la Regione Siciliana che, purtroppo, continua ad essere assente.
Rispetto a questa proposta di mutamento societario ho registrato la positiva apertura di Antonio Prelati, presidente dell’Ascom. Il responsabile di un’importante organizzazione di categoria come l’associazione dei commercianti, con tutta evidenza, condivide la bontà dell’idea. Ho ravvisato nelle parole del presidente dell’Ascom un’attenzione nei confronti degli sforzi che intende compiere la Fiera Emaia. Ho ringraziato Prelati e l’ho invitato ad un tavolo di confronto per discutere la proposta di rilancio dell’ente fieristico.
Ancora. La Fiera Emaia, finalmente, si aprirà all’internazionalizzazione. Si tratta di un percorso di scoperta di nuovi mercati da una prospettiva che deve essere davvero mediterranea. Un altro aspetto decisivo è da ricercarsi nella durata di ogni singola fiera. Va usata la cosiddetta formula smart and small. Vale a dire una fiera che si concluda in un fine settimana.
Anche se la campionaria rientra ancora nell’alveo delle fiere multisettoriali. le prospettive future della fiera risiedono in settori commerciali specifici. Va data una nuova e connotata identità all’ente. Viviamo un passaggio epocale. Paragonabile a ciò che è avvenuto a proposito dello switch off televisivo: il passaggio dal segnale analogico a quello digitale. Ebbene, la Fiera Emaia è in mezzo a questo cambiamento. Che va governato. Occorre imprimere una svolta che può risultare rivoluzionaria. Da una fiera “generalista” è obbligatorio procedere verso una fiera “tematica”. Questa è una scommessa decisiva. Non per niente, dal 2013 le fiere passeranno da quattro a cinque. Si aggiunge infatti un salone di valore nazionale dedicato ai motori. L’unica fiera multisettoriale targata Emaia sarà esclusivamente quella di novembre. Le altre (Agrem, Kamò, Medexpo e quella dedicata ai motori) saranno settoriali.
Sostengo da tempo che la Fiera Emaia, il Mercato ortofrutticolo di Vittoria, l’aeroporto di Comiso, l’autoporto di Vittoria e il porto di Pozzallo costituiscano il volano di sviluppo sinergico dell’intero Sud Est siciliano. Se non si punta su queste realtà il territorio ibleo non può uscire dalla crisi epocale in cui versa.
Io guardo al futuro. E credo, in prospettiva, che ci si debba porre come orizzonte l’ottimismo della ragione. Non il pessimismo fine a se stesso.
In conclusione, ritengo utile per l’economia della nostra città e dell’intera isola uno sforzo comune. Evitando inutili diatribe che creano solo lacerazioni all’interno di un fronte che deve essere unito e solidale.

Con affetto.
Giovanni Denaro
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Caro Giovanni,
ho apprezzato il fatto che tu sia intervenuto in risposta alla mia riflessione sulla Fiera EMAIA, ma purtroppo non condivido né il tenore, né il contenuto della tua proposta. Non sono aduso, proprio per la mia personale esperienza e per la lunga militanza politica, applaudire comunque pur di fare parte del coro, né mi piace appartenere ad alcun cerchio magico, passato o presente, con cui condividere le “gioie” del potere rimanendo in silenzio per puro compiacimento. Ho avuto il pregio di dire sempre quello che penso e di confrontarmi, rimanendo sempre “refrattario” alle discipline imposte da altri per fini estranei agli interessi della collettività. Intanto nella mia riflessione non c’era alcun intento polemico, semmai un tentativo di riportare in terra i termini del dibattito in modo costruttivo, evidenziando il fatto che non serve a nessuno lo sbandieramento di un ottimismo idiota che serve solo a creare distanza tra la pubblica amministrazione e i cittadini, stante, tra l’altro, che tutti abbiamo potuto vedere ciò che è stato realizzato quest’anno dall’EMAIA. Né, tantomeno, ho attaccato la Fiera, semmai ho tracciato le linee di un possibile rilancio della stessa, quello vero, nell’ottica di un rafforzamento della nostra economia, nel solco di quell’autentica tradizione artigianale che l’ha promossa. E poi è ora di finirla con l’idea che appena un cittadino muove una critica ad un amministratore, allora è come se si criticasse il popolo o l’istituzione in sé, come se ci fosse una naturale immedesimazione tra l’amministratore e l’istituzione che rappresenta, mi sembrava che ciò appartenesse ad un lontano passato. Ma di quale rilancio dell’economia del territorio parli, di quale coinvolgimento del tessuto produttivo? Se quello che abbiamo visto alla Fiera è il tessuto produttivo della città, veramente possiamo affermare di essere alla frutta. E poi quale sarebbe il progetto, quello di coinvolgere la Camera di Commercio nel Consiglio di Amministrazione? Una fumosa “internazionalizzazione”, una nuova edizione dedicata ai motori, ma a vantaggio di chi, con quali attori protagonisti?. Vedi, Giovanni, tu hai la presunzione di affermare che hai un progetto, che sarebbe quello che hai esposto in questo tuo intervento in risposta alla mia riflessione e che io ripropongo all’attenzione di chi ci segue, ma io in questo tuo progetto non ci vedo niente di interessante e resto convinto che un progetto va costruito con i produttori e i loro rappresentanti, con l’obiettivo di attrarre risorse economiche per la gente che lavora a Vittoria e nel suo hinterland e non certamente per investire risorse nostre per fare arricchire gli altri. L’unica cosa positiva che registro è la disponibilità di Antonio Prelati a contribuire, con idee e proposte, al rilancio della Fiera, il resto sono chiacchiere come quelle riportate dal Sole 24 Ore che ha solo ripreso, tal quale, il comunicato stampa dell’AMAIA senza alcun approfondimento critico. Con una maggiore disponibilità all’ascolto, senza presunzione e arroganza, credo che potresti essere un buon presidente. Un abbraccio da Giovanni Lucifora.



mercoledì 4 luglio 2012

La Fiera EMAIA ovvero la “fiera delle vanità”




E’ calato il sipario sul 30° MEDIEXPO, la rassegna fieristica che l’EMAIA dedica alla celebrazione del Santo Patrono di Vittoria San Giovanni Battista. Aldilà della retorica dei suoi amministratori, sempre felici e contenti anche quando le cose vanno malissimo, questa edizione credo che sia stato il peggio di quanto si sia visto negli ultimi trent’anni, un luogo dove si entra con un minimo di ottimismo e si esce semi-depressi. E’ vero che siamo in un  periodo di forte recessione economica, ma le fiere, da sempre, sono state uno stimolo per l’economia. Nel Medioevo venivano promosse, anche grazie a sgravi ed esenzioni di gabelle, per rendere le merci più allettanti e stimolare la partecipazione di compratori provenienti dai paesi vicini in modo da favorire il commercio locale. Con l’Esposizione Universale, l’Ottocento celebra l’avvento del Capitalismo mondiale ed offre agli Stati la possibilità di esibire in un unico spazio opportunamente organizzato ed attrezzato i prodotti capaci di stimolare i consumi e, quindi, l’economia. Nel corso degli anni, sono cresciute iniziative su scala minore ai vari livelli territoriali, sempre con lo scopo di promuovere la vendita dei prodotti locali suscitando l’interesse dei compratori.

A Vittoria, l’EMAIA (Esposizione Macchine Agricole Industria ed Artigianato) nacque sull’onda dello sviluppo della serricoltura che aveva stimolato il sorgere di una miriade di piccole attività industriali, grazie all’intuito di artigiani locali che intravedevano nello sviluppo agricolo una parallela espansione della richiesta di abitazioni e macchine da destinare all’agricoltura. Sorsero così piccole attività industriali con la formazione di un discreto nucleo operaio, testimoniato dalla CAMIS (settore infissi in alluminio), DOMUS SICILIA (Infissi in legno), TRINGALI (Metalmeccanica), BALLONI (Metalmeccanica), VINDIGNI (Metalmeccanica), SCIACCO (Metalmeccanica), DESARI (Meccanica di precisione), e tante altre che meriterebbero di essere pure citate almeno per testimoniare lo spirito di iniziativa e di inventiva dei nostri artigiani. Questo primo nucleo di piccoli imprenditori decise, attorno agli anni ’70, di mettersi in vetrina con lo scopo di attrarre compratori dai Comuni viciniori mediante l’offerta di una molteplicità di prodotti che spaziavano dalle macchine agricole ai prodotti per l’edilizia, attraversando una vasta gamma di beni utili a soddisfare i più disparati bisogni. La tradizionale Fiera di San Martino, che si è sempre celebrata l’11 di novembre, annoverava,  così,  una più moderna esposizione, l’EMAIA appunto, che, in un certo senso, stravolgeva il senso originario della Fiera. La tradizionale fiera di San Martino, che si svolgeva lungo la Via Rosario Cancellieri, il Calvario, e la Via dei Mille nell’area adiacente la Villa Comunale, aveva avuto, fino ad allora, il ruolo di “mercato speciale” per approvvigionare le famiglie soprattutto di beni strumentali per l’avvio della nuova annata agraria e di beni di consumo durevole per la casa; si acquistavano dalle zappe alle carriole, dalle pentole alle coperte di lana. Il mese di novembre era, soprattutto, il periodo in cui si effettuavano le transazioni per la vendita del vino novello, ed era un fiorire di attività con protagonisti sensali e piccoli proprietari o mezzadri, quindi il momento clou dell’anno quando le famiglie raccoglievano il frutto dei propri sacrifici e spendevano per soddisfare i propri bisogni fondamentali. L’EMAIA, all’inizio ospitata dentro la Villa Comunale,  invece, testimoniava la volontà degli artigiani locali di fare un passo più avanti, un’esposizione capace di proiettare i propri prodotti oltre il mercato locale, per richiamare commercianti ed operatori dei vari settori ed ampliare il giro delle commesse,  consolidare ed estendere il proprio apparato produttivo,  incrementare fatturato e manodopera.

Varie ragioni, nel tempo, hanno condotto alla crisi delle piccole “fabbriche” locali, ragioni che andrebbero, e lo saranno sicuramente, analizzate in un contesto più approfondito rispetto ad una semplice riflessione sulla Fiera. L’affievolirsi, comunque, della spinta industriale nel corso degli anni,  ha sicuramente trasformato il senso, il rigore, l’impianto organizzativo dell’EMAIA, cosicché, perdendo ogni relazione con il sistema produttivo, questo grande evento promozionale del territorio  si è trasformato in una  fiera delle vanità, campionaria di tutto e di niente, passerella di attori e comparse della politica locale in cerca di un’effimera quanto gratuita pubblicità.

L’EMAIA, così, non più vetrina dei prodotti locali, rimase un’opportunità per tanti commercianti, piccoli e grandi, provenienti da ogni dove, per vendere le proprie merci. Mi ricordo, un giorno di tanti anni fa, a conclusione di un’edizione novembrina, il direttore di una banca locale mi disse: “ E così oggi sono andati via cinque miliardi di lire!”. Come per dire, il territorio con questo tipo di fiera non guadagna nulla, anzi si indeboliscono le attività commerciali locali e va in fumo il risparmio. La fiera ha finito, ma già da tempo, di interpretare le aspettative dei produttori locali. Forse  la fiera in sé, come istituto di promozione ha fatto il suo tempo. E se non fosse per le forti ricadute in termini di investimenti pubblici, altre realtà più famose, ed è discussione di questi giorni, come la Fiera di Milano, andrebbero fortemente ripensate, anzi, reinventate, adattandone i contenuti e gli scopi ai nuovi scenari economici e politici internazionali. Occorre, allora,  un progetto e questo si costruisce muovendo dai bisogni del territorio e con le risorse di cui esso dispone, tenendo conto che il contesto di riferimento oggi è la società della conoscenza, naturale prosecuzione della società industriale, che a sua volta è stata la naturale prosecuzione della società agraria. La società della conoscenza si basa sostanzialmente sui prodotti culturali, sulla “fabbricazione di eventi”, per cui qualunque prodotto, si tratti pure del ciliegino, non si commercializza se non è legato appunto alla cultura, ad un evento. Oggi i bisogni urgenti della Città di Vittoria sono contenuti nella necessità di:

§  dare sbocco occupazionale alle migliaia di ragazzi e ragazze che hanno scommesso sullo studio per garantirsi un futuro migliore;

§  favorire la riconversione colturale coniugando i saperi appresi nella coltivazione protetta con le nuove tecnologie, per sviluppare nuovi prodotti per nuovi mercati in una prospettiva di sviluppo sostenibile;

§  sfruttare i beni culturali ed ambientali, la tradizione e la cultura locale per apprestare nuovi prodotti per il mercato turistico, stante che nei prossimi dieci anni si prevede l’arrivo in Europa di oltre cento milioni di nuovi turisti dai Paesi in via di sviluppo.

Entro queste direttrici la Fiera, adeguatamente ripensata, potrebbe promuovere le giuste sinergie tra gli  attori dello sviluppo locale interessati ad elaborare una nuova strategia di crescita economica. La Fiera, dunque, potrebbe diventare incubatore di impresa, laboratorio di ricerca, organismo di formazione, servizi logistici e consulenziali,  esposizione permanente.  Si potrebbe cominciare con il convocare gli Stati Generali della Fiera, ed anche cambiarne, perché no, la denominazione.

Quando, nel 1976, iniziai la trattativa con il Genio Militare della Regione Sicilia per l’acquisizione dell’area “ex campo di prigionia”, attuale sede dell’EMAIA, il comandante mi chiese: “ Come mai avete tanto interesse per quest’area? Gli risposi:”In quell’area c’è un pezzo di futuro della nostra Città”. Ed è ancora vero.