Tempo di costrizione a casa, tempo
per le riflessioni. Sarebbe sciocco aspettare il passare della bufera senza
utilizzare questo tempo prezioso per un’analisi approfondita su ciò che è stato
e ciò che sarà. Le modalità con cui si è manifestata la pandemia ed il modo con
cui il virus si è diffuso mi inducono a pensare che quell’invincibilità alla
quale l’uomo moderno, sorretto dall’incessante progresso scientifico, si era
ciecamente affidato, nei fatti, ha mostrato una falla gigantesca. L’economia
mondiale, gravata ora da un nuovo indebitamento che non ha precedenti nella
storia universale, rischia di precipitare nel vortice di una grande recessione
con gravi ripercussioni per la tenuta della pace mondiale. L’epidemia ha messo
a nudo tutte le assurdità connesse al sistema di sviluppo capitalistico, in
primo luogo l’idea di una crescita indefinita della ricchezza e lo sfruttamento
forsennato delle risorse naturali. Oggi paghiamo le politiche di “deregulation”
avviate timidamente dal presidente americano Carter e proseguite da Reagan e
dalla Thatcher mediante un ridimensionamento dell’intervento statale nel
controllo dell’economia, lo
smantellamento dello Stato Sociale attraverso la privatizzazione di settori
strategici quali la sanità, l’istruzione, il welfare. Anche in Italia sono
state seguite queste forsennate politiche che hanno comportato la riduzione
degli investimenti nel settore della sanità pubblica, della scuola, della spesa
sociale senza nessun effetto sull’occupazione e sullo sviluppo equilibrato del
Paese, anzi rendendo più ampia la forbice tra Nord e Sud.
La gravissima situazione venutasi a
creare con la pandemia da covid-19, è figlia di queste politiche forsennate. Se
in Lombardia oggi si è costretti a constatare il collasso delle strutture
sanitarie ciò è dovuto in primo luogo all’eccessivo concentramento di attività
produttive con conseguente inquinamento atmosferico e altissima densità di
popolazione. I principali dattori che influenzano l'andamento di una
epidemia, secondo i ricorrenti parametri epidemiologici, sono:
- periodo di incubazione
- infettività dell'agente
- densità della popolazione
- proporzione di recettivi nella
popolazione.
In Italia ogni anno muoiono 30.000
persone a causa dell’inquinamento atmosferico. L’impatto è pesante soprattutto
al Nord, con la Lombardia a guidare la classifica delle regioni con il tasso di mortalità più alto. Il rischio
più basso si corre in Valle D’Aosta, Basilicata e Molise. Ogni italiano perde
10 mesi di vita a causa dell’inquinamento atmosferico: 14 mesi per chi vive al
Nord, 6,6 per gli abitanti del Centro e 5,7 al Sud e isole. (Dati Wired).
Come si evince dalla cartina, il
tasso di mortalità a causa dell’inquinamento atmosferico si concentra
soprattutto nell’area oggi maggiormente colpita dal coronavirus, confermando il
dato epidemiologico secondo il quale la proporzione dei recettivi nella
popolazione rappresenta un parametro determinante per la diffusione dei virus
L’altro elemento che rende ancora
più drammatico il quadro epidemiologico è caratterizzato dalla densità della
popolazione. In Lombardia vi è una densità della popolazione pari a 422,61 abitanti
per Km² contro i
67,91 del Molise dove si registrano alla data odierna soltanto 46 persone positive
conto le 19.984 della Lombardia.
Inquinamento atmosferico e densità
della popolazione da sole certamente non giustificano il dato così allarmante
della diffusione del virus in questa regione, ma sicuramente costituiscono
fattori largamente determinanti.
L’altro aspetto che va rilevato è
la sostenibilità sanitaria. Per anni siamo stati bersagliati da una vulgata pervasiva
che ci ha raccontato di una sanità lombarda all’apice delle eccellenze europee
se non del mondo. Se ciò fosse vero, l’impatto del virus sulla popolazione
avrebbe dovuto essere molto più contenuto. A mio avviso la sanità lombarda è stata
costruita seguendo un modello che ha privilegiato ricerca, tecnologia,
terapie innovative con forte impronta privatistica, una sanità d’elite rivolta
a persone che possono pagare e spostarsi facilmente. Non è assolutamente un
modello costruito per bisogni di massa, quale può essere appunto un’epidemia, infatti al primo impatto ha evidenziato tutti i suoi limiti. E’
probabile che la sanità del sud, molto più legata al territorio, è meglio
preparata ad affrontare problematiche di questo tipo.
In ogni caso, questa drammatica
esperienza ci induce ad un ripensamento del modello di sviluppo. Occorre un ampio
decentramento produttivo con particolare riferimento alla Questione
Meridionale. Il Nord si potrà salvare se si capirà che occorre cambiare il modello di
sviluppo, che occorre decentrare al Sud Italia una parte dell'
apparato produttivo concentrato nell'area padana, non de localizzando all’estero, trattenendo in Italia i
profitti per favorire i processi di reinvestimento, incoraggiando la ricerca,
investendo nel sapere, riscoprendo gli antichi mestieri ripensati attraverso l’uso
delle nuove tecnologie, sottoscrivendo un patto tra i produttori
(imprese-operai) per favorire la rinascita, perché quello che ci attende e un
nuovo dopoguerra.
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