lunedì 19 ottobre 2015

Attualità del pensiero del Prof. Giuseppe Susani in materia di pianificazione urbanistica


Il recente dibattito sul Piano Regolatore Generale della Città di Vittoria, con le sue appendici giudiziarie, pone all’osservatore una serie di domande che, stante il clima preelettorale in cui si trova la città, possono diventare una buona occasione per coloro che si accingono a candidarsi alla guida del Comune per esprimersi su una materia fondamentale per il futuro governo locale. Il Prof. Giuseppe Susani, padre del vigente PRG, ebbe modo di spiegare che il Piano Regolatore,  essendo composto da un’insieme di norme e prescrizioni che incidono sulla vita quotidiana dei cittadini e delle imprese, sui loro diritti e anche sui loro doveri, nella fase della sua elaborazione ed in quella successiva della sua approvazione, dovrebbe essere supportato non solo dal contributo di tutti i gruppi politici, ma anche dalla maggioranza dei cittadini e delle loro espressioni associative, sindacali, culturali e ricreative. Secondo Susani, più ampia è la partecipazione, la comprensione e la condivisione delle scelte operate dai progettisti, più facile diventa l’attuazione, la vigilanza e il rispetto delle norme da essi posti a fondamento del Piano. Un altro elemento ricorrente nella prassi introdotta da Susani riguarda il modo in cui gli amministratori rispondono alla domanda inevitabile che il progettista pone al committente: a quali interessi si deve ispirare il Piano Regolatore? Attorno a questa domanda si gioca la partita del Piano Regolatore Generale. Il Piano, infatti, può essere, e generalmente lo è, custode di interessi particolari, espressione della rendita fondiaria, di disinvolte attività imprenditoriali, di speculazioni politiche ed amministrative, oppure, e molto di rado, espressione di interessi collettivi e diffusi che possono riguardare il soddisfacimento del bisogno di servizi, di scuole, di attrezzature sportive, di tutela dell’ambiente, di qualità della vita oltre che di alloggi. A queste ultime istanze risponde il Piano vigente, frutto di una grande partecipazione popolare (conservo ancora gelosamente i disegni degli scolari dell’indimenticata maestra Cucuzzella che auspicavano il ritorno delle rondini, gli spazi verdi per giocare). Ma il Piano, sempre  secondo Susani,  è custode della storia e delle tradizioni popolari, interpreta i bisogni e progetta i cambiamenti e gli adattamenti delle strutture urbane nel rispetto delle vocazioni ambientali, senza alterare artificialmente gli assetti naturali e paesaggistici. All’epoca, i precedenti progettisti Ugo e Verace, invero, avevano interpretato il Piano nell’ottica di un dinamismo economico, suggerito dall’improvviso imperversare delle colture sotto serra, di tipo californiano, suggerendo ampi sventramenti di interi comparti edilizi anche nel centro storico, sottovalutando il fatto che lo sviluppo economico non aveva come protagonista la grande impresa capitalista, bensì una massa di migliaia di piccoli coltivatori, ciascuno portatore di interessi modesti, in contrasto, quindi, con le politiche palazzinare che videro protagonisti i fratelli Ferrini di Catania. La sbornia palazzinara durò poco, perché esauriti i bisogni della piccola borghesia cittadina, molti appartamenti restarono invenduti perché non soddisfacevano i bisogni delle famiglie contadine, non abituate a convivere nei condomini che non consentivano il prolungamento delle loro attività produttive. La stessa cosa sta accadendo adesso con l’aeroporto di Comiso, capace di suscitare fantasie di sviluppo  evocative di scenari fantasmagorici che nessuna attinenza hanno a che fare con la realtà, semplicemente perché non sono suffragati da studi e ricerche sulle reali potenzialità offerte dal territorio in materia di turismo, attività per la quale non disponiamo degli stessi saperi consolidati e diffusi come quelli agricoli, per le quali a ragione ci vantiamo di costituire un’autentica eccellenza.  Partecipazione, dunque, ampia condivisione delle scelte, ma soprattutto aderenza ai bisogni ed alle aspettative di larghe masse popolari,  senza perdere di vista lo scenario entro cui maturano e si sviluppano tali attese, rispetto dell’ambiente e delle tradizioni locali, sono questi gli insegnamenti di un grande urbanista che ci ha spiegato passato presente e futuro della nostra città, restituendoci l’orgoglio di sentirci vittoriesi. L’attuale progetto di revisione dello strumento urbanistico non ha niente a che vedere con questo insegnamento. Secondo la vulgata corrente, il Piano vigente ha ingessato lo sviluppo urbanistico della città, dichiarazione che contrasta nettamente con quanto  si legge nella stessa relazione di accompagnamento della proposta di revisione del Piano ove risultano 3500  licenze edilizie rilasciate nel decennio 1997 – 2007 con ben 1.250.000 m di volume costruito, una stanza per abitante! Altro che ingessamento!  Altra vulgata molto gettonata riporta che l’attuale PRG non dispone di aree sufficienti per dotare la città di strutture alberghiere adeguate ai flussi turistici previsti in incremento a causa dell’apertura dell’aeroporto. Anche in questo caso l’affermazione non risponde a verità, in quanto il Piano vigente dispone di un’ampia dotazione di aree riservate alla realizzazione di alberghi e di strutture dedicate all’usufruizione del mare. Semmai c’è da verificare per quali motivi gli insediamenti non hanno avuto pratica realizzazione, ma di ciò nè i progettisti né gli amministratori si sono curati durante questo lungo periodo necessario alla predisposizione di questo aggiornamento degli strumenti urbanistici. Sono tanti otto anni, tante cose possono succedere in otto anni, tanti interessi si possono intrecciare e consolidare in otto anni. Ciò spiega in parte la spaccatura verificatesi in consiglio comunale e la difficoltà a costruire il consenso necessario attorno a scelte fondamentali per la città. Le dichiarazioni dei componenti il gruppo di studio per la revisione del Piano, composto da funzionari e dirigenti del Comune,  rese alla commissione assetto del territorio, lasciano quanto meno allibiti. In pratica, secondo quanto dichiarato, i protagonisti che avrebbero dovuto seguire l’iter di formazione del nuovo strumento urbanistico non sarebbero stati adeguatamente coinvolti. E allora chi è stato coinvolto? In quale arcano meandro, se non dentro il municipio, sono maturate le scelte poste a base del nuovo strumento urbanistico? Sono dunque tanti i motivi che stanno alla base del conflitto insorto tra maggioranza del Consiglio  e Amministrazione Comunale relativamente alla proposta di approvazione della variante al Piano. La maggioranza del Consiglio ha approvato la variante di Piano introducendo correttivi significativi ma l’amministrazione, facendo ricorso a cavilli procedurali, ha ricorso giudiziariamente contro una parte maggioritaria del civico consesso,  così limitando le prerogative del Consiglio  cui spetta per competenza l’approvazione degli strumenti urbanistici. Si tratta di un fatto gravissimo, che ribalta l’attribuzione delle competenze tra consiglio e amministrazione, peraltro suffragato da una sentenza del TAR che, a mio avviso, avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso dei consiglieri di minoranza, perché è inconcepibile che la magistratura intervenga in una materia attinente l’attività di un consesso pubblico cui spetta il potere di indirizzo e di controllo politico-amministrativo del comune. Il problema infatti non si è affatto risolto, tanto che  l’amministrazione comunale ha prodotto  un nuovo schema di massima da proporre al Consiglio Comunale. Sembrerebbe una proposta di compromesso tra le istanze del Consiglio e l’originaria proposta dell’Amministrazione, ma a ben guardare nulla sembra essere cambiato, le scelte di fondo rimangono tali e quali, nello sfondo si intravede l’emergere di una prospettiva cementificatoria che devasta ancora di più il territorio, crea i presupposti per l’abbandono massiccio del centro storico, determina una consistente svalutazione del patrimonio dei vittoriesi che sul mattone hanno investito i propri risparmi e  acuisce i disagi atavici della città per quanto riguarda la distribuzione dell’acqua, la gestione della rete fognaria, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, il completamento dei servizi (scuole, impiantistica sportiva, viabilità, verde pubblico ed aree attrezzate),  mentre le prospettive di sviluppo legate a nuovi insediamenti turistici sembrano verosimilmente  delle millanterie  di fine legislatura. Sull’onda della parola d’ordine che bisogna rimediare agli insediamenti a macchia di leopardo, di fatto le nuove previsioni tendono alla cementificazione delle poche aree di verde che rimangono ancora a disposizione, favorendo un ulteriore consumo di suolo e abbandonando qualunque prospettiva di riorganizzazione urbana a partire dal centro storico e delle periferie degradate, per le quali la dotazione di servizi risulta ancora fortemente deficitaria. Anche la sbandierata perequazione, senza una regolamentazione che a priori stabilisca criteri ed indirizzi per la sua applicazione, lascia ai futuri amministratori ampi margini di discrezionalità, capaci di indurre ciò che in altri contesti fu definito come vero e proprio “sacco urbanistico”. Sarà, dunque, pressoché improbabile che l’attuale legislatura si concluda con l’ approvazione di un nuovo PRG, mentre al nuovo Consiglio spetterà il compito di ricominciare tutto d’accapo. Per questo motivo sarebbe quanto mai opportuno che queste problematiche fossero affrontate non per slogans, ma attraverso un ampio ed articolato confronto. Solo attraverso il confronto i cittadini possono trarre un apprezzabile convincimento sui problemi reali della città.

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