Il recente
dibattito sul Piano Regolatore Generale della Città di Vittoria, con le sue
appendici giudiziarie, pone all’osservatore una serie di domande che, stante il
clima preelettorale in cui si trova la città, possono diventare una buona
occasione per coloro che si accingono a candidarsi alla guida del Comune per
esprimersi su una materia fondamentale per il futuro governo locale. Il Prof.
Giuseppe Susani, padre del vigente PRG, ebbe modo di spiegare che il Piano
Regolatore, essendo composto da un’insieme
di norme e prescrizioni che incidono sulla vita quotidiana dei cittadini e
delle imprese, sui loro diritti e anche sui loro doveri, nella fase della sua
elaborazione ed in quella successiva della sua approvazione, dovrebbe essere
supportato non solo dal contributo di tutti i gruppi politici, ma anche dalla
maggioranza dei cittadini e delle loro espressioni associative, sindacali,
culturali e ricreative. Secondo Susani, più ampia è la partecipazione, la
comprensione e la condivisione delle scelte operate dai progettisti, più facile
diventa l’attuazione, la vigilanza e il rispetto delle norme da essi posti a
fondamento del Piano. Un altro elemento ricorrente nella prassi introdotta da
Susani riguarda il modo in cui gli amministratori rispondono alla domanda
inevitabile che il progettista pone al committente: a quali interessi si deve
ispirare il Piano Regolatore? Attorno a questa domanda si gioca la partita del
Piano Regolatore Generale. Il Piano, infatti, può essere, e generalmente lo è,
custode di interessi particolari, espressione della rendita fondiaria, di
disinvolte attività imprenditoriali, di speculazioni politiche ed
amministrative, oppure, e molto di rado, espressione di interessi collettivi e
diffusi che possono riguardare il soddisfacimento del bisogno di servizi, di
scuole, di attrezzature sportive, di tutela dell’ambiente, di qualità della
vita oltre che di alloggi. A queste ultime istanze risponde il Piano vigente,
frutto di una grande partecipazione popolare (conservo ancora gelosamente i disegni
degli scolari dell’indimenticata maestra Cucuzzella che auspicavano il ritorno
delle rondini, gli spazi verdi per giocare). Ma il Piano, sempre secondo Susani, è custode della storia e delle tradizioni
popolari, interpreta i bisogni e progetta i cambiamenti e gli adattamenti delle
strutture urbane nel rispetto delle vocazioni ambientali, senza alterare
artificialmente gli assetti naturali e paesaggistici. All’epoca, i precedenti
progettisti Ugo e Verace, invero, avevano interpretato il Piano nell’ottica di
un dinamismo economico, suggerito dall’improvviso imperversare delle colture
sotto serra, di tipo californiano, suggerendo ampi sventramenti di interi
comparti edilizi anche nel centro storico, sottovalutando il fatto che lo
sviluppo economico non aveva come protagonista la grande impresa capitalista,
bensì una massa di migliaia di piccoli coltivatori, ciascuno portatore di
interessi modesti, in contrasto, quindi, con le politiche palazzinare che
videro protagonisti i fratelli Ferrini di Catania. La sbornia palazzinara durò
poco, perché esauriti i bisogni della piccola borghesia cittadina, molti
appartamenti restarono invenduti perché non soddisfacevano i bisogni delle
famiglie contadine, non abituate a convivere nei condomini che non consentivano
il prolungamento delle loro attività produttive. La stessa cosa sta accadendo
adesso con l’aeroporto di Comiso, capace di suscitare fantasie di sviluppo evocative di scenari fantasmagorici che
nessuna attinenza hanno a che fare con la realtà, semplicemente perché non sono
suffragati da studi e ricerche sulle reali potenzialità offerte dal territorio
in materia di turismo, attività per la quale non disponiamo degli stessi saperi
consolidati e diffusi come quelli agricoli, per le quali a ragione ci vantiamo
di costituire un’autentica eccellenza. Partecipazione, dunque, ampia condivisione
delle scelte, ma soprattutto aderenza ai bisogni ed alle aspettative di larghe
masse popolari, senza perdere di vista
lo scenario entro cui maturano e si sviluppano tali attese, rispetto
dell’ambiente e delle tradizioni locali, sono questi gli insegnamenti di un
grande urbanista che ci ha spiegato passato presente e futuro della nostra
città, restituendoci l’orgoglio di sentirci vittoriesi. L’attuale progetto di
revisione dello strumento urbanistico non ha niente a che vedere con questo
insegnamento. Secondo la vulgata corrente, il Piano vigente ha ingessato lo
sviluppo urbanistico della città, dichiarazione che contrasta nettamente con
quanto si legge nella stessa relazione di
accompagnamento della proposta di revisione del Piano ove risultano 3500 licenze edilizie rilasciate nel decennio 1997
– 2007 con ben 1.250.000 mᶟ di volume costruito, una stanza per abitante! Altro che
ingessamento! Altra vulgata molto
gettonata riporta che l’attuale PRG non dispone di aree sufficienti per dotare
la città di strutture alberghiere adeguate ai flussi turistici previsti in
incremento a causa dell’apertura dell’aeroporto. Anche in questo caso l’affermazione
non risponde a verità, in quanto il Piano vigente dispone di un’ampia dotazione
di aree riservate alla realizzazione di alberghi e di strutture dedicate
all’usufruizione del mare. Semmai c’è da verificare per quali motivi gli
insediamenti non hanno avuto pratica realizzazione, ma di ciò nè i progettisti
né gli amministratori si sono curati durante questo lungo periodo necessario
alla predisposizione di questo aggiornamento degli strumenti urbanistici. Sono
tanti otto anni, tante cose possono succedere in otto anni, tanti interessi si
possono intrecciare e consolidare in otto anni. Ciò spiega in parte la
spaccatura verificatesi in consiglio comunale e la difficoltà a costruire il
consenso necessario attorno a scelte fondamentali per la città. Le
dichiarazioni dei componenti il gruppo di studio per la revisione del Piano,
composto da funzionari e dirigenti del Comune,
rese alla commissione assetto del territorio, lasciano quanto meno
allibiti. In pratica, secondo quanto dichiarato, i protagonisti che avrebbero
dovuto seguire l’iter di formazione del nuovo strumento urbanistico non sarebbero
stati adeguatamente coinvolti. E allora chi è stato coinvolto? In quale arcano
meandro, se non dentro il municipio, sono maturate le scelte poste a base del
nuovo strumento urbanistico? Sono dunque tanti i motivi che stanno alla base del
conflitto insorto tra maggioranza del Consiglio
e Amministrazione Comunale relativamente alla proposta di approvazione
della variante al Piano. La maggioranza del Consiglio ha approvato la variante
di Piano introducendo correttivi significativi ma l’amministrazione, facendo
ricorso a cavilli procedurali, ha ricorso giudiziariamente contro una parte
maggioritaria del civico consesso, così limitando
le prerogative del Consiglio cui spetta
per competenza l’approvazione degli strumenti urbanistici. Si tratta di un
fatto gravissimo, che ribalta l’attribuzione delle competenze tra consiglio e
amministrazione, peraltro suffragato da una sentenza del TAR che, a mio avviso,
avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso dei consiglieri di minoranza,
perché è inconcepibile che la magistratura intervenga in una materia attinente l’attività
di un consesso pubblico cui spetta il potere di indirizzo e di controllo
politico-amministrativo del comune. Il problema infatti non si è affatto
risolto, tanto che l’amministrazione
comunale ha prodotto un nuovo schema di
massima da proporre al Consiglio Comunale. Sembrerebbe una proposta di
compromesso tra le istanze del Consiglio e l’originaria proposta
dell’Amministrazione, ma a ben guardare nulla sembra essere cambiato, le scelte
di fondo rimangono tali e quali, nello sfondo si intravede l’emergere di una
prospettiva cementificatoria che devasta ancora di più il territorio, crea i
presupposti per l’abbandono massiccio del centro storico, determina una
consistente svalutazione del patrimonio dei vittoriesi che sul mattone hanno
investito i propri risparmi e acuisce i
disagi atavici della città per quanto riguarda la distribuzione dell’acqua, la
gestione della rete fognaria, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti, il
completamento dei servizi (scuole, impiantistica sportiva, viabilità, verde
pubblico ed aree attrezzate), mentre le
prospettive di sviluppo legate a nuovi insediamenti turistici sembrano
verosimilmente delle millanterie di fine legislatura. Sull’onda della parola
d’ordine che bisogna rimediare agli insediamenti a macchia di leopardo, di
fatto le nuove previsioni tendono alla cementificazione delle poche aree di
verde che rimangono ancora a disposizione, favorendo un ulteriore consumo di
suolo e abbandonando qualunque prospettiva di riorganizzazione urbana a partire
dal centro storico e delle periferie degradate, per le quali la dotazione di
servizi risulta ancora fortemente deficitaria. Anche la sbandierata
perequazione, senza una regolamentazione che a priori stabilisca criteri ed
indirizzi per la sua applicazione, lascia ai futuri amministratori ampi margini
di discrezionalità, capaci di indurre ciò che in altri contesti fu definito
come vero e proprio “sacco urbanistico”. Sarà, dunque, pressoché improbabile
che l’attuale legislatura si concluda con l’ approvazione di un nuovo PRG,
mentre al nuovo Consiglio spetterà il compito di ricominciare tutto d’accapo.
Per questo motivo sarebbe quanto mai opportuno che queste problematiche fossero
affrontate non per slogans, ma attraverso un ampio ed articolato confronto. Solo
attraverso il confronto i cittadini possono trarre un apprezzabile
convincimento sui problemi reali della città.
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