venerdì 28 settembre 2012

Elezioni in Sicilia, la rivoluzione dei gattopardi!


Mi sono chiesto se le dimissioni del Governo Lombardo potrebbero essere un’opportunità per la Sicilia. La Storia ci insegna che qualche volta dalle macerie sorgono occasioni e sviluppi imprevisti, ma dopo queste prime battute di campagna elettorale, mi sono convinto ancora di più del fatalismo di noi siciliani. Ancora una volta altri hanno deciso per noi, in luoghi lontani. I presidenti candidati che raccolgono allo stato i maggiori consensi, Musumeci e Crocetta, sono stati scelti a Roma, il primo da Berlusconi, il secondo da Casini e da Bersani. C’è da credere, pure, che dopo la defaillance di Fava, la soluzione della sindacalista FIOM sia stata concepita altrove. Gli altri sono il prodotto tipico di un certo ribellismo isolano, mai produttivo di alcunché. E’ la storia delle classi dirigenti di quest’isola sfortunata, pronte a prostrarsi pur di garantirsi meschini privilegi e laute prebende. Una massa acritica ed un’elite di furbi costituiscono la strana mistura che ci fa tanto “brutti, sporchi e cattivi”, ancora una volta il solito film che sa tanto di dejavu. E a livello locale lo schema non è cambiato, la stessa classe dirigente che si era prostrata verso Roma, ha preteso la stessa prostrazione dei più piccoli notabili locali, decidendo le candidature secondo il peso delle signorie palermitane. Le primarie, la partecipazione degli iscritti e degli elettori, i programmi: cose che si scrivono negli statuti, per la plebe. La Sicilia, così, non va avanti, anzi sembra rovinosamente precipitare indietro. Qualcuno ha sostenuto che è di quattro secoli il gap socioeconomico tra la Sicilia e il resto dell’Europa più progredita. E forse è vero, considerato che nessuna rivoluzione ha inciso nell’Isola come negli altri Paesi. Né la rivoluzione liberale francese, né la rivoluzione industriale novecentesca, né la rivoluzione digitale di oggi ha prodotto cambiamenti radicali se la struttura politica e morale, ancora oggi, si ispira alle funzioni tipiche del medioevo, qui dove, per una maliziosa furbizia della storia, nacque il primo parlamento del mondo. Il trasformismo sembra irrimediabilmente il metodo più congeniale ai politici siciliani. Ex galeotti, ex corrotti, ex ladri, ex inutili, di fronte al più grande fallimento politico che la Storia della Sicilia abbia mai registrato (un ex presidente in carcere, un altro inquisito e dimissionario), oggi ritornano con una faccia, da puttana?, non c’è altro termine, per ribadire che la Sicilia ha bisogno del loro insostituibile contributo (sic!). Ma ciò è tanto più grave allorché forze mature per segnare l’era del cambiamento allestiscono scialuppe per raccogliere naufraghi di ogni tipo con l’intento, manifesto, di vincere a qualunque costo una partita che sembra truccata in partenza. In un articolo apparso su la Sicilia dello scorso mese di agosto, il professore Francesco Renda, dopo un’analisi appassionata della situazione politica siciliana, auspicava un intervento decisivo di Roma per dirimere la complicata matassa della politica siciliana, non intravedendo una soluzione facile di fronte alla complessa vicenda regionale. Ma se Sparta piange Atene non ride, tant’è che tutti gli osservatori internazionali continuano ad auspicare il commissariamento del governo italiano anche per la prossima legislatura. Penso che la soluzione giusta per la Sicilia, a questo punto, non sarebbe il commissariamento della Regione,  un’ulteriore umiliazione per i siciliani che di umiliazioni ne hanno già subite tante, ma una nuova fase costituente. Basterebbe che tutti gli uomini e le donne di buona volontà, elettori ed elettrici, trascendendo le proprie aspettative, anche le più importanti, quale potrebbe essere la promessa di un posto di lavoro, spulciando la lista del partito cui credono di potersi affidare, alla fine scelgano un uomo o una donna (le donne sarebbero ancora più affidabili, perchè sono state poche quelle che hanno sperimentato la mala politica, sempre considerando il caso della Polverini un caso isolato), sulla base dell’onestà, della competenza, del rigore morale, del programma, ma non il programma intriso dei soliti slogans del tipo incentivare l’occupazione, favorire lo sviluppo dell’agricoltura e dell’artigianato,  lotta alla mafia, perché è da cinquant’anni che dicono le stesse cose. Un’Assemblea Regionale composta da onesti e capaci, potrebbe fare veramente la rivoluzione, del tipo: tutti i raccomandati, a casa! Tutti i ladri, a casa! Tutti gli incapaci, a casa! I soldi, a chi lavora! Le tasse, a chi ha rubato di più!I mafiosi, in galera! E cosi via continuando… senza timore! Sogno.
Mi  piace, per finire, proporre questa riflessione di Leonardo Sciascia tratta dalla famosa intervista alla giornalista francese Marcelle Padovani da trascrivere su un foglietto da leggere dentro la cabina elettorale: “La particolarissima viscosità della storia siciliana la si deve anche al fatto che qui si è sempre sperato in cambiamenti che venivano dal di fuori e dall’alto: ogni volta che un viceré lasciava Palermo, in tutti i quartieri della città si faceva festa, perché si pensava che il nuovo sarebbe stato migliore del precedente e che avrebbe finalmente apportato il cambiamento. Nessuno tuttavia pensava a rovesciare l’istituzione, le plebi essendo perfettamente avvezze a quest’idea del mutamento che scende dall’alto. (…) La roba, che può essere terra, casa, stoviglie, biancheria, animali, provviste, sembra sia solo casualmente fonte di reddito; non la si utilizza, la si lascia dopo morti: è legata ai sentimenti che si nutrono per la famiglia, al timore per il futuro della famiglia e alla presenza della morte. Più aumenta la ricchezza, più aumenta la quantità di quel che lasceremo alla nostra morte, e più la nostra stessa morte aumenta e si amplifica… Il ritmo dell’accumulo come ritmo di morte… (…) La terra sotto il sole non è mai sicura, le disgrazie, o il vicino, possono portartela via, bisogna vigilare fino all’allucinazione, così come è, meglio vigilare sui membri della famiglia tenendoli sotto la propria ala. Che cosa può capitare in realtà a qualcuno che lascia, anche provvisoriamente, la sua casa? Può venire derubato, rapinato, oltraggiato, può perdere l’onore, la vita. Il siciliano vive tutti insieme questi sentimenti sotto la tonalità ossessiva del timore”.
E votare, per una volta, senza timore.

martedì 25 settembre 2012

venerdì 14 settembre 2012

Quelle torture sui gatti, un brutto segno!


Si è levato un coro di indignazione alla notizia riguardante le sevizie consumate ai danni di due gattini, ne abbiamo parlato pure con Giovanna Cascone nel corso della rassegna stampa di EventiSicilia. Ma l’argomento merita un approfondimento, poiché fenomeni di questa natura, sommati ad altre violenze di cui la stampa si occupa ormai quotidianamente, contro i disabili, contro le donne, contro i diversi di ogni genere, testimoniano il fatto che nel territorio si sta verificando un angoscioso aumento dell’aggressività. Occorre premettere che l’aggressività è connaturata nell’individuo, addirittura Konrad Lorenz la definisce come un aspetto positivo dell’indole umana a presidio della propria conservazione, necessaria per garantirsi l’accoppiamento e provvedere alle funzioni vitali. Lo stesso Freud la considera una pulsione innata alla stessa stregua della pulsione sessuale. Il male, dunque, esiste ed è segnato nel nostro patrimonio genetico, è un’azione che presiede i nostri bisogni fondamentali. Così, il dolore (il male) ci avverte di un pericolo per la vita, il piacere (il bene) ci spinge alle azioni che presidiano e sviluppano la vita come il mangiare, il dormire, l’accoppiarsi. L’uomo, però, da animale dotato di cultura, attraverso il processo di civilizzazione, non solo ha trovato il modo di soddisfare i propri bisogni fondamentali mediante l’adozione di strategie sempre più sofisticate, ma ha pure concepito nuove forme di espressione del piacere e del dolore fino a rendere ambiguo il discernimento tra ciò che è bene e ciò che è male, fino a pervenire ad un processo di fascinazione del male che è andato oltre il male “necessario”. La guerra è la massima espressione del male, ma la “cultura” in ogni epoca l’ha presentata come “male necessario” per la convivenza civile, fino alla degenerazione estrema dello sterminio. Così i romani la ritenevano essenziale per il mantenimento della pace (si vis pacem, para bellum), oggi la si definisce semplicemente “missione di pace”, cancellando così del tutto il residuo di “male” insito nell’azione di guerra, con il risultato che uccidere per la pace trapassa dal genere “male” al genere “bene”. Esempio di tale degenerazione sono i videogames ove si uccide, certamente per la pace, che possono liberamente essere utilizzati anche dai bambini, maschi e femmine, perché le bambine, in questi giochi, inzuppate di tritolo, si fanno esplodere per la causa. Siamo pervenuti, dunque, ad una degenerazione dei valori che per millenni hanno presidiato la convivenza civile, ciò che il sociologo Zygmunt Bauman definisce come passaggio dalla società solida alla società liquida, un mondo, cioè, che vede la trasformazione delle persone da produttori a consumatori, dove l’esclusione sociale non si misura più per la propria estraneità dal mondo produttivo, ma per la non appartenenza alla modernità intesa come capacità di consumare. L’aumento del sentimento della frustrazione, così, a causa della perdita di sicurezza, costringe sempre più persone ad adeguarsi alle abitudini di taluni gruppi, considerati emergenti, secondo un processo di omologazione e di assorbimento di modelli culturali, di usi e di consuetudini che in un determinato momento storico caratterizzano il contesto sociale di riferimento, anche a causa della svalutazione del senso critico individuale e collettivo.

Ritornando al problema dell’aggressività sociale, dunque, non possiamo non rilevare come i comportamenti pubblici non possono non ispirarsi alla pratica del rigore etico, rigore che non può essere confuso con la semplice persecuzione dei reati, essendo necessario, invece, un comportamento che serva e si proponga da esempio, perché per questo motivo si è chiamati a svolgere la funzione pubblica. Pertanto, l’assunzione in una pubblica amministrazione di un proprio cliente politico al posto di un cittadino che ne ha diritto, l’uso spregiudicato del denaro pubblico per scopi non propri essenziali alla collettività, il venire meno agli obblighi assunti solennemente al cospetto dei cittadini quale quello di mantenere pulita la città e di garantire il funzionamento dei servizi per i bambini, gli anziani e i disabili, a fronte, invece, di spese per consulenti ed amministratori incapaci ed inconcludenti, costituisce una delle cause, se non la più importante, sulla quale si fonda la degenerazione dei comportamenti sociali. Altrettanto è il farsi merito di non pagare le tasse, il parcheggio nelle aree vietate, omettere di denunciare il pizzo, aggredire una persona anziana per puro compiacimento. L’aggressività nella società è, perciò, come il colesterolo nel sangue, alla giusta dose fa bene all’organismo, oltre quella misura è una minaccia per la vita. Il medico, in questo caso, consiglia una moderazione nell’assunzione di cibo e una vita ispirata alla pratica sportiva per mantenere il colesterolo ai giusti livelli. Nella pratica sociale occorre dare il buon esempio e comportarsi di conseguenza. Bene, dunque, l’indignazione per una pratica atroce contro gli animali innocenti, ma credo che sia altrettanto necessario testimoniare ogni giorno l’amore per gli animali, per l’ambiente, per la vita attraverso comportamenti privati e pubblici ispirati al buon senso e al rispetto dei diritti di tutti.

venerdì 7 settembre 2012

Caro amico ti scrivo...così mi distraggo un pò!

Ricevo da Turi Migliore e pubblico con vero piacere la seguente nota:
Giovanni,
scusami se pubblico qui tutta sta mappazza! L’avrei voluto fare a margine dei commenti nel tuo blog, ma non me l’ha fatto pubblicare  (Non accetta il codice antirobot che c’è da copiare!) .Mi dispiace prendermela con te che sei stato il miglior sindaco dell'ultimo mezzo secolo (e come sai, nel mio libro "Tuttapposto!" sei l'unico politico vittoriese ad esserne uscito indenne), ma non posso fare a meno di dirti: bisognava aspettare che Nicosia si dimettesse dal PD per dire FINALMENTE pane al pane e vino al vino? So bene la tua estraneità da tutti i giochini, ma vedo che ritieni insostituibile questo gioco malsano del "meno peggio", della serie: questo abbiamo di partito e questo dobbiamo bonificare. Senza questo meccanismo partigiano, il tuo sfogo sull'Amiu, tanto per fare un esempio e restare in tema, si sarebbe potuto fare prima, molto prima, quannu forsi ci putia aiutu. Ma soprattutto si sarebbero potute levare altre "penne libere" come te (ce ne fossero!).Invece c'è sempre stato il terrore di aprire critiche per non fare il gioco degli avversari politici e delle terribili "destre"! Personalmente credo che sia stata proprio questa codardia, questa prudenza da conservazione, questo vendere gli interessi della città a puri e semplici clan spacciati per partiti (Il percorso di Cicciaiello è esemplare), ha determinato la palude che oggi è la politica vittoriese e la sinistra in particolare. Sono cose dell'altro mondo! E che non si pensi riguardino solo gli interessati. E allora, se l'Amiu è la struttura più inquietante ed inefficiente che ci sia, se siamo l'unico comune della provincia che non prova neppure a fare finta di fare la raccolta differenziata; se le fumarole cancerose e tossiche continuano a squarciare il cielo impunemente, nella famigerata "fascia trasformata"; se per tutta l'estate le nostre strade extraurbane non sono riuscite a fare a meno di ospitare inauditi cumuli di munnezza putrescente e rifiuti pericolosi da mostrare in bella vista ai pochi turisti che passano da queste parti (e che fuggono solo dopo poche ore); se nessuna voce si è levata, 10 anni fa, nei confronti di quella vergognosa gara di cavalli per le vie della città, spacciata per Palio ma gestita da malavitosi che spadroneggiavano come sceriffi; se non esiste una vera e propria categoria di giornalisti locali ma solo "copincollisti" e lacché che altro non fanno che omettere o far finta di essersene dimenticati; se non si ha la lungimiranza per capire quanto si potrebbe fare in termini di turismo colto e qualitativo, solo se si riuscisse ad "agganciare" la città ed il territorio ad un fenomeno che è già mondiale da almeno un ventennio: il Cerasuolo di Vittoria. Se tutto ciò, e molto altro ancora, è accaduto o non è stato fatto, la colpa non è della politica della sinistra e del tuo partito in particolare che è stato sempre al timone? Cosa bisognerà fare allora, in futuro, per evitare di sbagliare ancora? (ma non c'è più tempo e ormai è troppo tardi) Cosa sarebbe giusto fare oggi? Quando dici che i partiti sono insostituibili mi muore il cuore! A Parma, ma pure a Mira (VE), a Sarego (VI), a Comacchio (RA), sono riusciti a cacciarli i partiti e ora stanno governando i cittadini. Ma lì c'è una società civile, a Vittoria, già la parola provoca un fremito di fastidio e a volte pure di repulsione.
 Facci caso, prova a pronunciare davanti ad un politico la parola "società civile", e vedrai che faccia farà, che espressione schifata sfodererà! Il meglio dei vittoriesi è fuggito, caro Giovanni, e sono rimasti solo le mediocrità, ed ora non ci si può lamentare se l'Amiu è diventata un covo (fosse solo l'Amiu!). Oggi come oggi,caro Giovanni, c'è da fare solo un gran lavoro distruttivo, per poi ovviamente ricostruire tutto ex novo. Ma per fare ciò è pur vero che servirebbero tanti operai, manovali, caricatori...e qui invece tutti vogliono fare gli ingegneri! Il declino è vicino.

Caro Turi,
 apprezzo le tue riflessioni, ma sui partiti credo che sia necessario ritornare a riflettere. Non si può governare senza i partiti in un paese democratico e, comunque, anche nelle dittature si fa sempre riferimento, oltre al leader, ad un partito. In pratica l’esercizio del governo fa sempre riferimento ad una azione organizzativa, espressione di gruppi di persone che esprimono bisogni o interessi da perseguire mediante l’uso di risorse immateriali e materiali, strumentali ai fini (la mission) che si vogliono perseguire. I partiti, dunque, sono delle organizzazioni che, in ossequio al dettame costituzionale, si pongono l’obiettivo del governo del Paese. Quando tu porti l’esempio di Parma, in effetti parli di organizzazioni nuove che si sono sostituite ad altre (i vecchi partiti). Queste organizzazioni dovranno, comunque, esprimere una mission, nominare dei dirigenti, indicare delle persone che dovranno assumere degli incarichi amministrativi. Faranno, cioè, tutto quello che fanno le organizzazioni e saranno, all’inizio, tutti duri e puri, tranne a scoprire, nel tempo, un Lusi o un Trota qualunque tra le loro fila. L’esempio della Lega Nord, l’organizzazione i cui dirigenti  rinnovavano il proprio orgoglio di purezza bagnandosi il capo alla foce del Po, ne è un esempio classico che, sicuramente, diverrà un caso da manuale in tutti i corsi di Scienza della Politica. Erano partiti sani e puri, sono finiti nella cloaca delle peggiori ruberie per fini personali, senza pagare fio. Altrettanto io ti posso portare un esempio, quello di Reggio Emilia, dove esistono 28 aziende speciali comunali che si occupano dei bisogni più svariati, dai bambini agli anziani, dai trasporti all’ambiente, e sono tutte aziende in attivo e nessun amministratore risulta indagato o rinviato a giudizio o condannato. C’è qualcosa, allora, che va oltre le forme organizzative e che tocca la sostanza, cioè gli uomini che compongono le organizzazioni, le loro qualità, la loro cultura, le loro aspirazioni, la loro storia personale e collettiva, cioè tutto ciò che si incide nel DNA di un popolo e  che, ad certo punto, anche a causa degli accidenti della Storia,può muoversi per un verso o per un altro. Ritengo utile suggerirti di leggere il libro di Wilhelm Reich, Psicologia di massa del fascismo,  che a mio avviso è esemplare nella spiegazione dei fenomeni che portano alla formazione delle dittature o, comunque, di tutte quelle forme di organizzazioni politiche che confluiscono in forme estreme e distruttive. Ti suggerisco, altresì, di leggere il bellissimo volume di Amitai Etzioni, Organizzazioni e Società, il quale descrivendo la storia dell’operaio divenuto Segretario Generale del Partito Socialista Francese, alla fine dell’ottocento, espone in modo davvero suggestivo e scientifico il funzionamento delle organizzazioni ed in particolare delle organizzazioni politiche. Se lo vorrai, dopo queste letture, sarà veramente gradito per me potere approfondirne con te i contenuti e chissà, una buona volta, di poterci ritrovare d’accordo.Ti abbraccio con tanta stima.

mercoledì 5 settembre 2012

L'AMIU chiude. Per ammessa incapacità!



Dopo quasi mezzo secolo, chiude a Vittoria l’azienda municipalizzata di igiene urbana. Va via un pezzo di storia di questa Città, ma segna anche la sconfitta di tante battaglie ideali, di tanti che hanno creduto nella pubblicità dei servizi pubblici essenziali. Ci si potrebbe chiedere a questo punto perché lottare per l’acqua pubblica se le premesse ci portano alle stesse conclusioni: il privato fa risparmiare l’ente pubblico! La delibera con cui la Giunta Municipale rivolge l’invito al Consiglio Comunale di dismettere l’azienda speciale è un capolavoro di superficialità,  di indolenza, di doppiezza. Nessun cenno autocritico, né un esame serio ed analitico dei motivi che stanno alla base di una scelta che, comunque, segna una svolta per Vittoria e e i suoi cittadini. Per più di 16 mesi è stato annunciato alla cittadinanza tutto e il contrario di tutto. L’ultima trovata: l’AMIU chiude per legge! Ma come mai nella delibera della Giunta non si fa cenno a tale legge! L’AMIU, come si legge bene nella delibera chiude per manifesta incapacità; perché i bilanci degli ultimi cinque anni sono in perdita di svariati milioni di euro; perché il presidente e il direttore si sono rifiutati di rispondere alle pressanti richieste di presentazione dei rendiconti da parte degli uffici deputati al controllo; perché come recita testualmente la delibera  "l’Azienda negli anni ha svolto una funzione sociale”, cioè è andata oltre l’esercizio delle funzioni statutarie soddisfacendo un ingordo bisogno di pratiche clientelari assolutamente estranee alle reali esigenze dell’Ente; perché l’Assessore alla trasparenza ha denunciato l’Azienda alla Procura della Repubblica per la mancata esibizione della documentazione riguardante le assunzioni del personale. Nel frattempo il Consiglio di Amministrazione si è dimesso. Il direttore, che dovrebbe essere il legale rappresentante dell’Azienda, tace. Intanto la stampa incalza, per giorni e giorni, per settimane: Palazzo Iacono annuncia la nomina di un nuovo CDA, è solo questione di ore, oggi, domani. Ma pare che pazzi in giro non ce ne sono. Nel frattempo si annuncia un nuovo progetto per la raccolta dei rifiuti (ma il Consiglio Comunale non l’aveva approvato giusto l’anno scorso?) e l’avvio della raccolta differenziata entro 60 giorni. Ma già dal primo annuncio i sessanta giorni sono trascorsi. Oggi il Sindaco dichiara che la nomina del nuovo CDA non è prioritaria, ma allora chi governa l’Azienda? Tutto è rinviato alle decisioni del Consiglio Comunale, il quale dovrà dichiarare la soppressione del servizio e l’avvio della privatizzazione, soltanto dopo il Sindaco può nominare il Liquidatore senza prima avere presentato un Progetto di dismissione dell’azienda, che allo stato ancora non esiste, e bandire la nuova gara. Secondo i principi della rivoluzione della dignità enunciati da Crocetta in questi casi cosa bisognerebbe fare? Come minimo mandare tutti a casa! Ce la farà il nostro eroe… ?

Considerato che tutti i Comuni della provincia sono fuorilegge in materia di rifiuti perché, per legge, nessuno dovrebbe gestire direttamente il servizio di raccolta, dovendovi provvedere, per legge, l’ATO Ambiente, non sarebbe più utile e conveniente insediare il nuovo CDA della istituenda SRR, composto, per legge, dai Sindaci, per bandire l’appalto del servizio unico per tutti i comuni della provincia? Il signor Commissario straordinario della Provincia non può intervenire per accelerare l’iter di formazione del nuovo organismo? Non è che per caso la rivoluzione siciliana che tutti dichiarano di volere attuare alla fine consiste nello scaricare sempre sugli altri ogni responsabilità?

lunedì 3 settembre 2012

Una rivoluzione? Si, indigniamoci!



Ho partecipato, l’altra sera, alla riunione della direzione provinciale del Partito Democratico, convocata per discutere delle prossime elezioni regionali. In un Partito che decide di iniziare una Rivoluzione, seppure della dignità, la riunione avrebbe dovuto registrare una grande partecipazione e un notevole entusiasmo, ma né l’una né l’altro. Visi scuri, poca voglia di parlare, né la relazione del Segretario è stata invogliante e carica di spunti, piuttosto burocratica e scontata, come di chi deve solo comunicare un evento di cui poco o niente si sente responsabile. In pratica abbiamo ricevuto la comunicazione che la direzione regionale aveva ratificato la candidatura di Rosario Crocetta a presidente della Regione Sicilia, che, come si sa, era stato già candidato dall’UDC dopo che lo stesso si era autocandidato. Inoltre, siamo stati informati che lo stesso Rosario Crocetta aveva in corso una trattativa con il dimissionario sindaco di Ragusa Nello Dipasquale, ex dirigente di Forza Italia e storico avversario del PD ragusano. Infine, una sollecitazione ai circoli a definire le proposte di candidature per l’Assemblea Regionale, che sarebbero state vagliate in una successiva riunione. Prendono la parola, tra gli altri, il segretario del circolo di Vittoria, fra i più entusiasti, per annunciare che il candidato designato dal proprio circolo era il fratello del Sindaco Fabio Nicosia e, anche, per esprimere il proprio compiacimento per il fatto di essere stato fra i primi a credere nella candidatura di Rosario Crocetta. Lo segue un altro del circolo di Modica, il quale annuncia che il circolo rivendica la candidatura di un modicano, sottolineando che lo stesso deve essere rigorosamente di sesso maschile (qualche risata, proteste delle donne presenti). Intervengono Gianni Battaglia e Peppe Calabrese, il primo per sostenere la propria candidatura, l’unica che può verosimilmente contrapporsi con successo a quella di Dipasquale (sic!), il secondo per sfogare la propria rabbia per l’approdo del sindaco nella lista di Crocetta che rende vana la strenua lotta condotta dallo stesso nei confronti di Nello, il sindaco folgorato improvvisamente sulla via di Damasco. A questo punto mi assale improvvisa la voglia di andarmene, ho come la sensazione che non mi interessa nulla di questa riunione, mi alzo e vado via lasciando dietro di me solo rumori; la Sicilia, i siciliani, la gente con i suoi problemi e le sue speranze, i giovani e la loro rabbia mi appaiono su un orizzonte che è oltre quella stanza. Cerco di definire il mio stato d’animo. Ecco, sono indignato!