venerdì 28 settembre 2012

Elezioni in Sicilia, la rivoluzione dei gattopardi!


Mi sono chiesto se le dimissioni del Governo Lombardo potrebbero essere un’opportunità per la Sicilia. La Storia ci insegna che qualche volta dalle macerie sorgono occasioni e sviluppi imprevisti, ma dopo queste prime battute di campagna elettorale, mi sono convinto ancora di più del fatalismo di noi siciliani. Ancora una volta altri hanno deciso per noi, in luoghi lontani. I presidenti candidati che raccolgono allo stato i maggiori consensi, Musumeci e Crocetta, sono stati scelti a Roma, il primo da Berlusconi, il secondo da Casini e da Bersani. C’è da credere, pure, che dopo la defaillance di Fava, la soluzione della sindacalista FIOM sia stata concepita altrove. Gli altri sono il prodotto tipico di un certo ribellismo isolano, mai produttivo di alcunché. E’ la storia delle classi dirigenti di quest’isola sfortunata, pronte a prostrarsi pur di garantirsi meschini privilegi e laute prebende. Una massa acritica ed un’elite di furbi costituiscono la strana mistura che ci fa tanto “brutti, sporchi e cattivi”, ancora una volta il solito film che sa tanto di dejavu. E a livello locale lo schema non è cambiato, la stessa classe dirigente che si era prostrata verso Roma, ha preteso la stessa prostrazione dei più piccoli notabili locali, decidendo le candidature secondo il peso delle signorie palermitane. Le primarie, la partecipazione degli iscritti e degli elettori, i programmi: cose che si scrivono negli statuti, per la plebe. La Sicilia, così, non va avanti, anzi sembra rovinosamente precipitare indietro. Qualcuno ha sostenuto che è di quattro secoli il gap socioeconomico tra la Sicilia e il resto dell’Europa più progredita. E forse è vero, considerato che nessuna rivoluzione ha inciso nell’Isola come negli altri Paesi. Né la rivoluzione liberale francese, né la rivoluzione industriale novecentesca, né la rivoluzione digitale di oggi ha prodotto cambiamenti radicali se la struttura politica e morale, ancora oggi, si ispira alle funzioni tipiche del medioevo, qui dove, per una maliziosa furbizia della storia, nacque il primo parlamento del mondo. Il trasformismo sembra irrimediabilmente il metodo più congeniale ai politici siciliani. Ex galeotti, ex corrotti, ex ladri, ex inutili, di fronte al più grande fallimento politico che la Storia della Sicilia abbia mai registrato (un ex presidente in carcere, un altro inquisito e dimissionario), oggi ritornano con una faccia, da puttana?, non c’è altro termine, per ribadire che la Sicilia ha bisogno del loro insostituibile contributo (sic!). Ma ciò è tanto più grave allorché forze mature per segnare l’era del cambiamento allestiscono scialuppe per raccogliere naufraghi di ogni tipo con l’intento, manifesto, di vincere a qualunque costo una partita che sembra truccata in partenza. In un articolo apparso su la Sicilia dello scorso mese di agosto, il professore Francesco Renda, dopo un’analisi appassionata della situazione politica siciliana, auspicava un intervento decisivo di Roma per dirimere la complicata matassa della politica siciliana, non intravedendo una soluzione facile di fronte alla complessa vicenda regionale. Ma se Sparta piange Atene non ride, tant’è che tutti gli osservatori internazionali continuano ad auspicare il commissariamento del governo italiano anche per la prossima legislatura. Penso che la soluzione giusta per la Sicilia, a questo punto, non sarebbe il commissariamento della Regione,  un’ulteriore umiliazione per i siciliani che di umiliazioni ne hanno già subite tante, ma una nuova fase costituente. Basterebbe che tutti gli uomini e le donne di buona volontà, elettori ed elettrici, trascendendo le proprie aspettative, anche le più importanti, quale potrebbe essere la promessa di un posto di lavoro, spulciando la lista del partito cui credono di potersi affidare, alla fine scelgano un uomo o una donna (le donne sarebbero ancora più affidabili, perchè sono state poche quelle che hanno sperimentato la mala politica, sempre considerando il caso della Polverini un caso isolato), sulla base dell’onestà, della competenza, del rigore morale, del programma, ma non il programma intriso dei soliti slogans del tipo incentivare l’occupazione, favorire lo sviluppo dell’agricoltura e dell’artigianato,  lotta alla mafia, perché è da cinquant’anni che dicono le stesse cose. Un’Assemblea Regionale composta da onesti e capaci, potrebbe fare veramente la rivoluzione, del tipo: tutti i raccomandati, a casa! Tutti i ladri, a casa! Tutti gli incapaci, a casa! I soldi, a chi lavora! Le tasse, a chi ha rubato di più!I mafiosi, in galera! E cosi via continuando… senza timore! Sogno.
Mi  piace, per finire, proporre questa riflessione di Leonardo Sciascia tratta dalla famosa intervista alla giornalista francese Marcelle Padovani da trascrivere su un foglietto da leggere dentro la cabina elettorale: “La particolarissima viscosità della storia siciliana la si deve anche al fatto che qui si è sempre sperato in cambiamenti che venivano dal di fuori e dall’alto: ogni volta che un viceré lasciava Palermo, in tutti i quartieri della città si faceva festa, perché si pensava che il nuovo sarebbe stato migliore del precedente e che avrebbe finalmente apportato il cambiamento. Nessuno tuttavia pensava a rovesciare l’istituzione, le plebi essendo perfettamente avvezze a quest’idea del mutamento che scende dall’alto. (…) La roba, che può essere terra, casa, stoviglie, biancheria, animali, provviste, sembra sia solo casualmente fonte di reddito; non la si utilizza, la si lascia dopo morti: è legata ai sentimenti che si nutrono per la famiglia, al timore per il futuro della famiglia e alla presenza della morte. Più aumenta la ricchezza, più aumenta la quantità di quel che lasceremo alla nostra morte, e più la nostra stessa morte aumenta e si amplifica… Il ritmo dell’accumulo come ritmo di morte… (…) La terra sotto il sole non è mai sicura, le disgrazie, o il vicino, possono portartela via, bisogna vigilare fino all’allucinazione, così come è, meglio vigilare sui membri della famiglia tenendoli sotto la propria ala. Che cosa può capitare in realtà a qualcuno che lascia, anche provvisoriamente, la sua casa? Può venire derubato, rapinato, oltraggiato, può perdere l’onore, la vita. Il siciliano vive tutti insieme questi sentimenti sotto la tonalità ossessiva del timore”.
E votare, per una volta, senza timore.

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