mercoledì 31 ottobre 2012

Le sfide di Crocetta tra ipotesi di sviluppo e timori di immobilismo

Le elezioni regionali del 28 ottobre scorso consegnano ai siciliani un risultato di grande sconvolgimento del panorama sociale e politico dell’isola. L’elezione di Rosario Crocetta costituisce senza alcun dubbio una rottura significativa con una prassi consolidata che ha visto susseguirsi alla Presidenza della Regione, tranne qualche eccezione,  personaggi del blocco di potere dominante, cioè il blocco affaristico-mafioso-clientelare. L’irrompere sulla scena politica siciliana di quello che, a ragione, è stato definito il ciclone Grillo, costituisce, altresì, un altro elemento di rottura rispetto all’atteggiamento, spesso corresponsabile, che larga parte del popolo siciliano ha conservato nei confronti della propria classe dirigente. Parlare di una presa di coscienza popolare del declino di una Regione, che della propria autonomia ha fatto una fiera prerogativa, e dell’esigenza di avviare una nuova fase di riscatto e di libertà, è ancora troppo presto, ma non c’è alcun dubbio che queste elezioni hanno creato uno spartiacque tra il prima e il dopo di questa stagione elettorale. La presenza di Grillo, sottovalutata fino alla vigilia da tutte le forze politiche in campo, ha sparigliato le carte della politica siciliana e reso definitivamente  impraticabile quel nuovo connubio che fino a pochi mesi prima aveva caratterizzato il nuovo blocco di potere tra  MPA-PD-UDC, anche se durante la campagna elettorale molti dei protagonisti si sono affannati a riproporlo come possibile rimedio rispetto alla palesata impossibilità, rilevata attraverso i sondaggi, di dare vita ad una maggioranza organica di governo, giusto sull’esempio delle larghe intese che sostengono il governo Monti. Malgrado, però, queste novità e questi stravolgimenti, le elezioni non hanno sciolto tutti i nodi lasciati in eredità dal precedente governo Lombardo, per l’impossibilità di costituire un governo al quale affiancare una organica maggioranza parlamentare. Anzi, ad un’attenta lettura dei risultati, la composizione dei seggi in larga parte rappresenta proprio il vecchio blocco di potere, anche se in qualche caso rinnovato negli uomini ma non certo nella volontà di favorire il rinnovamento delle istituzioni. Crocetta, dunque, dovrà muoversi necessariamente al di fuori degli schemi classici e formare un governo capace di raccogliere consenso innanzitutto fuori dall’istituzione, nell’opinione pubblica, per condizionare l’assemblea regionale e puntare su una forma di trasversalità capace di privilegiare cambiamento e innovazione a discapito della fame di potere dei partiti e dei loro interessi clientelari e mal affaristici. Un governo, perciò, di competenti, di persone oneste e senza “storie” di cui vergognarsi, non necessariamente di appartenenza, privi di vincoli verso consorterie e massonerie di vario genere. Lo vuole il popolo siciliano, ma è anche una necessità dovuta alla contingenza di una Regione che si trova sull’orlo di un baratro economico, una Regione alla quale non solo manca l’autorevolezza di una classe dirigente all’altezza della situazione, ma che si trova anche priva di un progetto di futuro. La recente campagna elettorale è stata caratterizzata da troppi slogans e da pochi proponimenti, dall’assenza di idee credibili e spendibili, dalla mancanza di autorevolezza senza la quale qualunque progetto resta solo un buon proposito senza quella spinta motivazionale capace di conquistare il cuore di un popolo sofferente. Con lo zainetto sulle spalle, dalle nostre parti si può andare solo a raccogliere “babbaluci”, non basta l’audacia di un rottamatore, l’arroganza giovanilistica e inconcludente a mobilitare le masse. A chi rimprovera i cittadini di non essere stati lungimiranti per avere disertato le urne facendo, così, perdere l’opportunità di eleggere un deputato locale, occorre rinfacciare come il familismo amorale, fenomeno di cui si sono occupati autorevoli studiosi come Alberto Alesina e Andrea Ichino, trova indulgenza soltanto in quelle plaghe sottosviluppate economicamente e culturalmente, non certo nell’area iblea, dove, fortunatamente, alligna la fierezza di quelle genti che hanno saputo determinare il proprio destino grazie alle proprie capacità, all’intelligenza e all’ansia di libertà che le ha animate.  Sono le scelte da intraprendere che  caratterizzerà il nuovo governo della Regione Sicilia, ed i tagli non possono che essere un corollario necessario e irrinunciabile dell’azione di Governo, perché solo dai tagli possono arrivare le risorse per pagare il debito e rilanciare lo sviluppo. Non è più, dunque, rinviabile il nodo della  Formazione Professionale, per la quale la Regione spende oltre 500 milioni di euro l’anno per mantenere un apparato clientelare di nessuna utilità per i disoccupati; il nodo della forestazione, altro carrozzone clientelare svicolato da qualunque ipotesi di sviluppo produttivo del territorio; il pesante carrozzone burocratico della Regione dove maggiormente si alligna l’intreccio clientelare-affaristico-mafioso; la sanità sulla quale pesano interessi trasversali di casta che alimentano la spesa senza contropartite in termini di efficienza ed efficacia dei servizi resi ai cittadini; i fondi europei, bloccati da interessi clientelari e mafiosi, utilizzati finora in minima parte e solo per favorire un dilagante malcostume dal quale nessuna istituzione, anche la scuola, risulta ormai estranea. Da questi comparti, oltre che da un rinnovato rapporto tra Stato e Regione, possono venire le risorse da destinare ai territori e ai ceti produttivi per rilanciare l’economia. Ma qui è necessario allontanare i centri di spesa dalla Regione. Occorre una riforma dell’istituzione  regionale che la privi da qualunque attività di gestione, se non per quelle altamente qualificate (quali grandi  infrastrutture, gestione delle calamità naturali ecc.), per dare più risorse, più mezzi, più autonomia ai territori, riservando ad essa compiti legislativi e di controllo. La ridefinizione delle provincie può essere l’occasione per fare scelte coraggiose e innovative in direzione del decentramento, basterebbero tre o quattro macro aree su cui disegnare il nuovo assetto amministrativo cui far corrispondere altrettanti progetti di sviluppo in sintonia con le vocazioni territoriali, senza attardarsi su inutili quanto stereotipate posizioni di retroguardia a difesa dell’assetto istituzionali esistente. Dieci proposte di legge per cambiare la Sicilia che il nuovo governo dovrebbe sottoporre all’Assemblea Regionale entro i primi cento giorni, oppure il ritorno alle elezioni.  Su un’ipotesi del genere si scommette il futuro della Sicilia per evitare la più gattopardesca delle soluzioni: l'inciucio. Crocetta, rivoluzionario bon grè mal grè .

      



                            
                                


1 commento:

  1. ELEZIONI, MIASMI E RIVOLUZIONE IN SICILIA
    (Peppe Cannella, 31 Ottobre 2012)

    Rosario Crocetta è il neo-presidente eletto in Sicilia ma vincitore sostanziale delle elezioni siciliane 2012 è senza dubbio l’ex governatore Raffaele Lombardo che ha piazzato sapientemente i suoi uomini ovunque e che ha probabilmente spostato, per aggiunta o sottrazione, i suoi voti dall’uno all’altro partito. Basta vedere le percentuali delle singole forze politiche presenti all’Ars, i nomi dei 90 eletti e constatare che Crocetta non avendo i numeri per poter governare dovrà necessariamente creare ponti verso altri deputati o forze politiche. Ponti possibili e che non avverranno casualmente. C'è un vero e proprio progetto dietro. L'MPA di Lombardo (diventato Partito dei Siciliani con un rapido intervento di lifting) dimezza con le elezioni i suoi consensi rispetto a quattro anni fa, scendendo al 10% ed eleggendo 10 deputati, ma tale perdita è solo apparente: perde voti il partito ma non Lombardo che ha posizionato pedine e carri armati in quasi tutti i partiti che sono oggi presenti all'ARS. Il progetto, una sorta di entrismo organizzato, consolida quella pratica politica definita Lombardismo o piu' comunemente trasversalismo-affarismo e avrà un forte potere di veto e di voto e con cui Crocetta dovrà fare i conti. Tramite il Lombardismo si cuciranno rapporti per trovare i voti e i deputati necessari (ne mancano almeno 8-10) a Crocetta e alla sua coalizione per avere la maggioranza all'Ars. Come da progetto non sarà difficile. Il sen. Lumia o l’on. Cracolici, dirigenti del Pd artefici del patto UDC-Crocetta e negli ultimi tre anni assai vicini al Lombardismo, sono forse già in movimento per contattare alcuni deputati dell'area Miccichè e/o Musumeci e/o Mpa con il placet dell’ex governatore o del suo portavoce il figlio on. Toti Lombardo. E presteranno attenzione forse anche ai consigli di Nino Leanza, già braccio destro e vice di Lombardo in Mpa, eletto ora per l'UDC in provincia di Catania e inserito nel listino personalmente da Rosario Crocetta. I miasmi del Lombardismo sono tornati a galla e Raffaele Lombardo è di fatto baricentro politico della nuova ARS. Nelle prossime settimane ogni cosa sarà risolta: con Lombardo si sa non c’è problema e Crocetta avrà con ogni probabilità la sua maggioranza… E nel frattempo il raggruppamento della Sinistra, nato attorno al candidato-assente Claudio Fava, tagliato fuori da ogni cosa non trova ancora parole per ri-orientarsi e per ammettere a se stesso l’umiliante sconfitta. Meno male che almeno all'orizzonte si intravede il gruppo dei neo-eletti grillini pronti ad affrontare la situazione che verrà con un poderoso e costruttivo vaffanculo. Coraggio siciliani, la rivoluzione di Crocetta è già iniziata.

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