
Susani pensava al centro storico e al mare come risorsa, la cui usufruizione doveva integrare il reddito agricolo e, nel contempo, doveva dare sbocco occupazionale ad una nuova generazione di giovani che avevano scelto di studiare e di specializzarsi. Né risultò uno studio della costa e un disegno di sfruttamento che trascendeva, a tratti, nella maniacalità. Durante l’elaborazione del Piano mi disse: “ Guarda che ho disegnato le specie botaniche più adatte al clima di questo territorio, bisogna fare rivivere la flora e la fauna tipiche delle dune sabbiose”.
Ho letto la relazione di accompagnamento della variante al PRG in discussione in questi giorni e debbo dire che non ho provato nessuna emozione. Sono passati più di trent’anni dagli studi di Susani sul territorio di Vittoria. Sono stati anni che hanno visto il mondo cambiare molto velocemente. Prospettive economiche, stili di vita, rivolgimenti sociali, avrebbero dovuto indurre i nuovi progettisti ad una riflessione più attenta ed accurata. Partecipazione non significa notificare ai cittadini delle scelte che sono state già compiute, ma ascoltare bisogni, aspettative, suggerimenti, in modo da pervenire ad un risultato condiviso. Il Piano regolatore di una città e come una patente di guida collettiva per navigare con consapevolezza lungo un percorso di sviluppo economico e sociale, se la patente ce l’hanno solo alcuni i risultati sono solo per loro, agli altri resta soltanto il “privilegio” di prendere la “multa”, ovvero di subire le scelte di una ristretta cerchia di affaristi secondo la logica del “munnu ‘a statu e munnu è”. L’unica novità, che a me suscita non poche perplessità, è data dall’introduzione del meccanismo della perequazione. Si tratta di un metodo che ha solo pochi e molto discutibili riferimenti normativi, che nei fatti non prevede e non decide nulla, ma semplicemente rinvia a valutazioni che saranno fatte in futuro dal Sindaco in accordo con i privati ai quali sarà chiesto di rinunciare ad una parte delle loro proprietà per vedere riconosciuto il cosiddetto “ius edificandi”. Milioni di metri quadrati lasciati al “libero arbitrio” di amministratori e affaristi di ogni genere, tanto da definire il Piano, fin dalle premesse della relazione di accompagnamento, il “Piano del Sindaco”. Così, un domani, potremmo ritrovarci con un nuovo Vito Ciancimino e la città aperta al “sacco” cementifero. Gli attuali amministratori, giustamente, fanno osservare che l’attuale vincolo opposto sulle aree da destinare ad opere e servizi pubblici, non resiste più, prima perché la legge ha imposto vincoli per periodi più ristretti, poi perché la pubblica amministrazione non ha risorse per procedere alle espropriazioni con la conseguente paralisi nella realizzazione delle opere pubbliche. Tutto vero, e la perequazione, in paradiso, potrebbe essere la soluzione più idonea stante che tra i Santi si presume l’assenza di qualunque tentativo di truffa o di speculazione. A meno che non si riescano ad invertire i termini della questione: perequazione si, ma quale? Perequazione a priori o perequazione a posteriore? La perequazione per il “Piano del Sindaco” o la perequazione per il “Piano dei Cittadini”? Una perequazione a priori significherebbe decidere da oggi, con il contributo dei cittadini e delle forze sociali, cosa costruire, dove costruire, a quali condizioni costruire, aprendo davvero una stagione di partecipazione e di condivisione delle scelte, con un’operazione trasparenza, ricevendone il vantaggio di disporre gratuitamente di aree per servizi e infrastrutture e definendo da subito limiti e condizioni entro cui i proprietari terrieri potranno ottenere il diritto all’edificazione. Una perequazione a posteriori, invece, significa definire con un colpo di matita quali sono le aree oggetto della perequazione ( in pratica quasi tutta la città così non si nega niente a nessuno) e rinviare il tutto a dopo, a probabili o improbabili “affari”, a seconda delle forze che sapranno influenzare le scelte amministrative, che possono anche essere di tipo trasversale secondo il principio “picca picca, ma ci nn’è pi tutti”. C’è un altro aspetto di questa vicenda che non convince. La proprietà fondiaria a Vittoria ha subito negli anni una notevole parcellizzazione per cui, a differenza di altri contesti, qui ci troviamo di fronte ad una moltitudine di piccoli proprietari. Ora l’istituto della perequazione prevede che i proprietari interessati dalle aree di nuova espansione debbono accordarsi circa i criteri di ripartizione degli oneri e dei supposti profitti in modo da realizzare l’equa ripartizione che è la base dell’istituendo metodo perequativo. Ma è possibile immaginare come possa realizzarsi tale accordo, quando è risaputo che nemmeno in un condominio di 10 persone a volte si riesce a trovare l’accordo per sostituire una caldaia?
Un altro problema riguarda l’assetto dell’economia agraria, oggi in fase di riconversione produttiva e commerciale, di cui si fa solo qualche accenno. I progettisti, infatti, sembrano rapiti dalla prospettiva aeroportuale e dalle conseguenti relazioni logistiche. Ma ancora nessuno ci ha spiegato, nemmeno l’On. Digiacomo, chi sono i passeggeri attesi dopo lo startup dell’aeroporto, che ci faranno a Vittoria, dove saranno alloggiati e di quali servizi usufruiranno. Per finire vorrei parlare dei fantasmi che girano per Vittoria e dei quali i progettisti, giustamente, non si sono accorti, cioè degli oltre ottomila cittadini extracomunitari che a Vittoria lavorano, mandano i figli a scuola, aprono attività commerciali, costituiscono società ma che nessuno vede e sente, oppure si vedono o si sentono quando il Presidente della Repubblica scopre Samar e le conferisce il titolo di Alfiere della Repubblica, cosa della quale la città di Vittoria può ritenersi fiera, ma a condizione di sapere dare una logica e conseguente prospettiva di civile integrazione a questi suoi nuovi figli.
Un altro problema riguarda l’assetto dell’economia agraria, oggi in fase di riconversione produttiva e commerciale, di cui si fa solo qualche accenno. I progettisti, infatti, sembrano rapiti dalla prospettiva aeroportuale e dalle conseguenti relazioni logistiche. Ma ancora nessuno ci ha spiegato, nemmeno l’On. Digiacomo, chi sono i passeggeri attesi dopo lo startup dell’aeroporto, che ci faranno a Vittoria, dove saranno alloggiati e di quali servizi usufruiranno. Per finire vorrei parlare dei fantasmi che girano per Vittoria e dei quali i progettisti, giustamente, non si sono accorti, cioè degli oltre ottomila cittadini extracomunitari che a Vittoria lavorano, mandano i figli a scuola, aprono attività commerciali, costituiscono società ma che nessuno vede e sente, oppure si vedono o si sentono quando il Presidente della Repubblica scopre Samar e le conferisce il titolo di Alfiere della Repubblica, cosa della quale la città di Vittoria può ritenersi fiera, ma a condizione di sapere dare una logica e conseguente prospettiva di civile integrazione a questi suoi nuovi figli.
Un Piano Regolatore Generale da rifare, e presto.
Intervista sul PRG di Vittoria su E20Sicilia
Il commento su "La Sicilia"
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